Andrew Olmsted: l’ultimo post di un bravo soldato



“Questo è un post che avrei preferito non pubblicare, ma ci sono dei limiti a ciò che possiamo controllare nelle nostre vite, e a quanto pare io ho oltrepassato uno di questi limiti”.
Comincia cosi uno strano articolo nel blog di Andrew Olmsted, dal titolo “Final Post”.

Poco prima di queste righe un paio di citazioni, una in particolare (tratta dal telefilm “Babylon 5”):

“Vi sto lasciando questo messaggio perché sembra che dovrò andarmene prima di quanto avrei voluto. Avrei voluto dirvi queste cose di persona, ma poiché non posso, lasciatemele dire qui.”

E ancora: “Sono morto, ma se state leggendo queste righe, voi non lo siete, quindi prendetevi un attimo per godervi questa buona notizia”.

Olmsted era un soldato: un maggiore dell’esercito americano caduto in Iraq il 3 gennaio 2008; ma anche un blogger.
Uno che non ha voluto andarsene senza lasciare un ultimo post e l’incarico a una persona di fiducia di metterlo online nell’evenienza della sua morte.

E così è stato, quando il giorno successivo Hilzoy di Obsidian Wings ha pubblicato l’ultimo messaggio dell’amico, pronto già dallo scorso luglio.

“Che ci crediate o no, una delle cose che mi mancherà di più sarà non poter più scrivere il mio blog.” – continua Olmsted – “La possibilità di buttar giù i miei pensieri su carta (virtuale) e pubblicarli dove la gente poteva leggerli e replicare è stata meravigliosa, anche se molta della gente che ha letto i miei scritti non è stata d’accordo con me. Se c’è una speranza per il successo della democrazia sul lungo periodo, questa sarà se la gente accetterà di ascoltare e provare a capire i propri avversari politici invece che semplicemente cercare di schiacciarli.”

Il post si chiude con un messaggio di addio alla moglie Amanda: “questa è la parte più difficile”, dice il maggiore alla moglie prima di ringraziarla ed augurarsi di rivederla nell’aldilà.

Ma quello che più colpisce è l’analisi fatta della guerra ed il messaggio con cui Olmsted chiede che il suo ultimo post non venga strumentalizzato, né a favore né contro la guerra in corso:

“Se pensate che gli USA debbano restare in Iraq, non tiratemi in ballo affermando che in qualche modo la mia morte richieda la permanenza dell’America in Iraq. Se pensate che gli USA debbano andarsene domani, non citate il mio nome come esempio di qualcuno la cui vita è stata sprecata dalla nostra missione in Iraq.”

E anche se le parole di Olmsted suonano come quelle di qualcuno che si è reso conto dell’assurdità di tutte le guerre, dal suo scritto si capisce che lui era partito perché credeva in qualcosa; non tanto nella guerra, quanto nel proprio lavoro e nel proprio ruolo: “I soldati non possono optare di non partecipare alle missioni perché non le approvano: ciò violerebbe il patto sociale”. E ancora: “Non posso tirarmi fuori da una missione che non approvo più di quanto potrei ignorare leggi che ritengo ingiuste. Non considero una violazione dei miei diritti individuali l’essere andato in Iraq in missione, perché avevo alzato la mano destra e mi ero offerto volontario per l’esercito. Che la missione fosse giusta o meno, la mia partecipazione in essa era l’affermazione di qualcosa che considero decisamente necessario per la società. Se non altro, ho dato la mia vita per un principio molto importante”.

Il modo migliore per ricordarlo è quindi diffondere il messaggio originale e rispettare la volontà del suo autore; in queste ore, moltissime persone stanno postando in Rete messaggi di cordoglio per il blogger caduto.

Pubblicato su: http://blog.mytech.it/2008/01/andrew-olmsted-lultimo-post-di-un-bravo-soldato/