Dai Beatles a Moby: e le major stanno a guardare?



Una lente puntata sulle vicende che coinvolgono la musica on line: l’appuntamento quindicinale di MyTech con l’altra faccia della Rete, quella che suona. E che ascolta

La musica on line torna ad essere appetibile: in un autunno in cui alcune società sopravvissute alla bolla speculativa della new economy sembrano pensare al rilancio, la musica – soprattutto grazie agli exploit di Apple e del suo servizio iTunes – polarizza l’attenzione di vecchi e nuovi concorrenti e di un pubblico sempre più vasto e (nonostante la popolarità di servizi P2P come Kazaa) anche disposto a spendere qualche soldino pur di avere un buon servizio a disposizione.

Le major tradizionali continuano ad annaspare e a cercare iniziative di vario tipo per contrastare la crisi: Universal propone prezzi ribassati su un vasto catalogo di titoli (ma secondo alcune voci imporrebbe ai rivenditori di dedicarle ampi spazi nei punti vendita – a danno delle altre etichette – come condizione necessaria per ottenere i prezzi scontati). Warner, Emi e Bmg continuano a ronzarsi intorno, con proposte e negoziati che puntano a un accordo e a una fusione tra almeno due delle suddette major. Le stesse Universal e Sony di tanto in tanto sembrano tendere all’integrazione con una o più delle concorrenti.

A prendere la parola in tema di crisi discografica qualche tempo fa è stato nientemeno che Richard Melville Hall, in arte Moby, nato nel mondo degli indipendenti (era una “indie” a poco tempo fa anche la Mute, l’etichetta che lo ha fatto conoscere al grande pubblico, oggi parte del gruppo Emi/Virgin).

Nel diario presente sul sito ufficiale, Moby afferma che i ribassi della Universal sono positivi, ma arrivano forse troppo tardi e che l’industria discografica dovrebbe proporre una piattaforma standard per il filesharing (che però dovrebbe essere gestita da una società indipendente, non da una o più major) e fornirle contenuti legali. Moby cita il positivo esempio di Apple, decisamente diverso rispetto ad approcci proprietari e più “chiusi” proposti in passato da alcune etichette.

Sempre secondo Moby i prezzi dei dischi dovrebbero essere ridotti, ma allo stesso tempo andrebbe aumentato il valore dei contenuti (per esempio arricchendo quelli di fascia alta con dei “bonus”). Moby critica aspramente lo spreco di denaro per la produzione dei videoclip: «il mondo non ha bisogno di album la cui produzione costi oltre 100.000 dollari, né di video che costino oltre 50.000 dollari… dischi e video costosi sono uno spreco di tempo e denaro».

Occorre puntare sulla qualità: «La gente non associa la musica al valore perché molte case discografiche pubblicano dischi privi di valore. E ne sono consapevoli.» E ancora sulle major: «Non mettono sotto contratto gli artisti sulla base dei meriti artistici; li prendono se gli artisti somigliano a – e suonano come – gli altri artisti che passano in radio e su Mtv, e questa a lungo andare è la ricetta per ottenere un disastro musicale e finanziario».

Secondo l’artista bisogna «smettere di perseguitare gli appassionati di musica» di cui fanno parte anche i giovani dediti allo scambio di file. Queste persone non andrebbero criminalizzate, ma incoraggiate a provare servizi legali a basso costo.

Nel frattempo, una leggenda urbana dell’informatica diventa realtà; da eoni, i seguaci dei sistemi Apple narrano di un episodio accaduto nel 1981: Apple (l’etichetta discografica dei Beatles) cita in giudizio l’omonima casa produttrice di computer e vince.
Le due “mele” si accordano, ma il patto prevede che Apple Computer si tenga ben lontana dal mondo della musica, così da evitare confusione tra i due marchi.

Anni dopo, i computer Apple cominciano ad emettere suoni: altre grane.
Il tempo passa e siamo al 2003: Apple Computer si diverte a rivoluzionare il mondo della musica on line con il suo iTunes e allo stesso tempo sforna lettori come il popolare iPod. Addirittura ha la sfacciataggine di usare slogan come “Apple Music”.
A questo punto, molti appassionati ricordano l’episodio ormai remoto di Apple contro Apple, ma pochi pensano che la cosa possa concretizzarsi.

Invece, a settembre la notizia diventa ufficiale, anche se a quanto pare la documentazione legale in Inghilterra era già stata depositata da qualche tempo: Apple Corps Limited, la società dei Beatles, ha citato in giudizio Apple Computer tramite i legali della Eversheds di Londra. Ovviamente, la causa potrebbe andare avanti per anni e in ballo ci sarebbero diverse decine di milioni di dollari. A titolo di curiosità: abbiamo notato che l’indirizzo www.apple.com/music ora ridireziona su www.apple.com/itunes. Sarà un caso?

Si ringrazia Nicola D’Agostino per la collaborazione

Pubblicato su: http://mytech.it/web/2003/10/15/dai-beatles-a-moby-e-le-major-stanno-a-guardare/