Estensione di copyright in Europa: il pasticcio continua



L’Unione Europea allunga la vita del copyright per le registrazioni discografiche: salvi i master dei Beatles; luci e ombre del provvedimento

La Gran Bretagna – che pure avrebbe interessi discografici forti – aveva speso fiori di quattrini per commissionare studi e dire no, dopo vari cambi di schieramento. Tutto era fermo dal 2009. Il parlamentare europeo del Piratpartiet svedese Christian Engström aveva di recente cercato di bloccare un colpo di mano dei lobbysti pro-estensione. Invece all’improvviso, l’Unione Europea ha approvato una direttiva per portare il copyright sulle registrazioni discografiche da 50 a 70 anni.

Il tutto mentre in America si discute per anticipare la tutela federale del copyright proprio sullo stesso settore e quindi forse rivedere alcune parti della attuale legislazione; sembra abbastanza bizzarro che si sia verificato tutto questo, all’improvviso e senza un dibattito.

Qualcuno suggeriva anzi che essendo nel frattempo cambiato il Parlamento in seguito alle ultime elezioni, la procedura sarebbe dovuta ripartire da zero, cancellando la decisione di due anni fa che invece ieri ha fatto un passo avanti con l’approvazione della direttiva.

L’accelerazione sembra avere solo un motivo: le prime registrazioni dei Beatles, quelle fatte in Germania nel 1961 con Tony Sheridan e sotto l’egida di Bert Kaempfert, all’epoca produttore e talent scout per la Polydor, entreranno nel pubblico dominio come master il 1° gennaio 2012. In mancanza di una estensione, da allora e nello spazio di pochi anni, intere discografie sulle quali tuttora si regge l’industria delle major classiche del disco sarebbero diventate ripubblicabili a costi contenuti da una miriade di “budget label”, semplicemente pagando i costi della SIAE o delle sue consociate estere.

L’Europa bissa così in un certo senso i contenuti della legge americana, senza arrivare agli eccessi dei 95 anni ventilati anni fa da qualcuno, né a quelli del copyright “eterno” che sembra risultare dal caso Capitol v. Naxos di qualche anno addietro (anche quello essenzialmente messo su per tutelare i master di Beatles & co. possibilmente senza fine).

Gli stati hanno ora due anni di tempo per ratificarla. Qualcuno – come Abba, Mick Jagger e U2 – canta già vittoria. Jim Killock di Open Rights Group parla di “disastro culturale” e riferisce che gli studi mostrano che il 90% delle somme verrebbe incamerato dalle label.

Vanno però fatte alcune riflessioni:

1) riusciranno paesi come Gran Bretagna e Italia, i cui governi hanno al momento problemi più seri da affrontare dell’estensione del copyright – di cui beneficerebbero essenzialmente un pugno di società e forse solo qualcuno degli interpreti – ad approvare nel giro di meno di tre mesi la suddetta ratifica, prima che qualcuno cominci a ripubblicare il materiale del 1961?

2) come nota un commentatore sul blog di Christian Engström, del Partito Pirata svedese: “Se scopro una cura per il cancro, posso ottenere un brevetto sulla mia invenzione ed essere tutelato per 20 anni. Ci vuole una piccola fortuna per ottenere il brevetto – specialmente se voglio essere tutelato in tutto il mondo – e bisogna scrivere e inviare tonnellate di documentazione. Se prendo un microfono e canto una canzone, quella registrazione è ora automaticamente protetta per 70 anni, a livello globale, senza alcun costo o sforzo”.

3) Che succederà quindi alle label che hanno già stampato materiale più vecchio di 50 anni (ma che non ha ancora raggiunto i 70 dalla prima pubblicazione)? In altre parole, per fare un esempio pratico (ma ce ne potrebbero essere una miriade così) quella stessa EMI che beneficerebbe dell’estensione per i master dei Beatles potrebbe ritrovarsi citata in giudizio per aver sfruttato in Europa master di altri artisti che in origine non erano suoi, ma che in Europa erano divenuti di pubblico dominio nel 2005? La direttiva sarà pienamente retroattiva o no?

Se quindi una parte importante dell’industria musicale sembra salutare con favore questa mossa, a chi scrive sembra che ci siano tutte le premesse per ingarbugliare ulteriormente una situazione già complessa, in un settore che avrebbe bisogno di chiarezza, semplificazione e di una boccata di ossigeno per un mercato – in particolare quello dei supporti fisici – agonizzante da oltre un decennio.

[Pubblicato da Mytech]