Google: il doodle è brevettato. Ma è un pasticcio



Google brevetta la tecnologia dietro i suoi celebri loghi personalizzati: ma è un brevetto discutibile, che provocherà un acceso dibattito. Abbiamo sentito il parere dell’Electronic Frontier Foundation…

Google ha ottenuto un brevetto richiesto fin dal 2001: ma quello che doveva servire a tutelare l’uso dei celebri “doodle“, i loghi variabili per diverse occasioni, finirà quasi certamente in un immenso pasticcio. Troppo ampio l’ambito del brevetto che – ancora una volta – ci ricorda quanto l’idea della brevettabilità del software (o peggio ancora di singoli accorgimenti, tecniche ed algoritmi) sia essa stessa un’idea discutibile.

Per fortuna, c’è chi vigila e studia già il problema: l’Electronic Frontier Foundation, che tra i suoi obiettivi ha anche la lotta alle “bad patent“, ai brevetti che non avrebbero dovuto essere concessi, spesso per mancanza di reale innovazione.

Ma andiamo con ordine: torniamo indietro di un decennio. La bolla speculativa “dot com” è in buona parte esplosa. Uno degli sport preferiti dalle società tecnologiche che spuntavano come funghi in quegli anni e che spesso avevano business model bizzarri era accumulare brevetti, spesso inutili, magari solo da tenere nel cassetto come “asset” aggiuntivo, con la speranza di poter nel peggiore dei casi capitalizzare su di essi. Tra queste società ce n’era una emergente, ma decisamente più solida e meno dispersiva di molti altri operatori della rete. Una società con un futuro da major. Si trattava di Google, che esisteva da circa tre anni.

Il 30 aprile 2001, Sergey Brin, uno dei fondatori, deposita la domanda n.60200957. La descrizione recita: “Sistemi e metodi per indurre gli utenti ad accedere a un sito web“.

Con una serie di loghi, magari animati, o comunque variabili a seconda dell’occasione e linkati a una serie di risultati di ricerca, Brin spera di attirare nuovo pubblico su Google. E ci riesce: chissà che logo avrà oggi il popolare motore di ricerca? Dalle occasioni più comuni (festività di vario tipo, dal Natale a San Patrizio; o grandi eventi dello sport, come le Olimpiadi) fino a marchi che celebrano ricorrenze più esotiche ma che certo stimolano la curiosità dei naviganti di passaggio. Per fare un esempio, mentre scriviamo è ancora presente un logo dedicato all’anniversario della nascita dell’illusionista Houdini. L’iniziativa, partita con pochi loghi all’anno, diventa quasi un’ossessione. Le scritte “Google” personalizzate, camuffate da quadri famosi o altro si moltiplicano. Molto spesso sono utilizzate per ricorrenze locali e quindi addirittura limitate a certi territori, magari un singolo paese africano o asiatico. E via dicendo.

Recita ancora il documento depositato all’Ufficio Marchi e Brevetti USA

Un sistema fornisce una storyline variabile periodicamente e/o un logo aziendale relativo a un evento speciale, per invogliare gli utenti ad accedere a una pagina web.

e di seguito ulteriori dettagli, a ribadire anche il legame con i termini di ricerca. Il contenuto del brevetto sembra piuttosto ampio. E nel 2001, molto probabilmente, Google non è il solo ad aver fatto qualcosa del genere.

22 marzo 2011: alla società di Mountain View e a Brin viene assegnato il brevetto n.7,912,915. Un filo in ritardo, magari. I tempi sono oggi ben diversi, e la vecchia idea di Brin di innovativo sembra avere davvero molto poco. Sembra un lavoro per l’EFF e il suo “Patent Busting Project. Proviamo a contattarli.

Abbiamo raggiunto via mail Julie Samuels, legale dell’EFF, che si sta occupando della questione e che è stata così cortese da rispondere rapidissimamente e rilasciare alcune interessanti dichiarazioni:

Stiamo certamente seguendo questa vicenda.

In primo luogo, il fatto che Google abbia effettivamente inventato i “doodle” on line è al di là di ogni ragionevole opinione. E questo è solo un indice dei problemi più grandi del nostro sistema di brevetti, che consente regolarmente l’approvazione di brevetti sbagliati. Tali “bad patent” non fanno altro che soffocare l’innovazione e dissuadere inventori e sperimentatori dal fare quello che sanno fare meglio, e invece richiedono che usino risorse preziose per difendersi da azioni legali nel campo dei brevetti.

Per quel che vale, non abbiamo visto Google utilizzare la sua vasta collezione di brevetti in maniera offensiva, in passato, e possiamo solo sperare che si continuerà così. La triste realtà del moderno sistema brevettuale statunitense, tuttavia, è che le imprese sentono di dover possedere brevetti a scopo difensivo, e questi – anche quando non siano oggetto di azioni legali – finiscono per creare un effetto di paralisi nella grande comunità degli inventori.

L’analisi di Samuels è lucida e precisa. Molto probabilmente si troverà materiale preesistente, atto a invalidare un brevetto che appare un po’ eccessivo nella sua ampiezza, oltre che ben poco imparentato con l’innovazione vera e propria. L’USPTO, magari, a quel punto potrebbe anche ripensarci…

 

(Si ringrazia Nicola D’Agostino per la collaborazione)

Pubblicato su: http://mytech.it/web/2011/03/25/google-il-doodle-e-brevettato-ma-e-un-pasticcio/