Google Music: anche noi nella “cloud” (dopo Amazon)



Servizi “cloud” per la musica di Google e Amazon: pericolo per iTunes, o “nuvole” di fumo? Con una riflessione sul futuro prossimo della musica online

"Nuvole" di musica anche per Google, che lancia un servizio per certi versi simile a quello recentemente avviato da Amazon. Parte stasera (solo per gli USA: gli altri se vogliono, tramite un qualche servizio proxy possono ammirare la home page e rosicare…) Google Music. Anzi, per adesso, accanto alla parola “music” c’è un grosso “beta”, perché il tutto è in fase sperimentale. “Music Beta by Google”. L’indirizzo è music.google.com.

Dovrebbe essere qualcosa di importante: lo sbarco del colosso dei motori di ricerca nel settore musicale (dove per la verità ha già fatto esperienza in un territorio tutt’altro che trascurabile come la Cina). Sembra anche una sfida: Google parte senza l’accordo con le major del disco; ma ha appena fatto lo stesso Amazon con un servizio analogo. Ai bei tempi, per molto meno, ci si sarebbe ritrovati davanti al giudice Patel del Nono Circuito, con addosso un paio di ingiunzioni a mo’ di spada di Damocle. Adesso neanche le label sembrano farci caso più di tanto.

Cloud sembra l’ossessione di molti, di questi tempi. Poco tempo addietro era “web 2.0”. Tutto doveva essere più facile, più accessibile, più social. Più trash, se volete (quest’ultima accezione spesso ha finito per prevalere).

Il risultato della moda del 2.0 a tutti i costi è sotto gli occhi di tutti: siti-cadavere come MySpace che si trascinano senza un perché, un po’ come un locale dove prima tutti facevano festa a tutti i costi e che adesso è fuori moda (la festa si è spostata su Facebook, ma gli invitati nervosi già pensano ad altre destinazioni). Su questo ambito si sono innestate molte applicazioni che una ragione d’esistere ce l’hanno o ce l’avrebbero: per esempio SoundCloud (toh, riecco il tormentone) che di fatto è il mp3.com prima maniera di oggi, o se preferite l’unico vero erede di MySpace per la musica e una delle fonti primarie per la musica in Facebook. Una cosa destinata a durare, se non si fanno passi falsi.

Google Music BetaL’iniziativa di Google in campo musicale, analoga al Cloud Drive/Cloud Player di Amazon (anch’esso limitato per ora al pubblico statunitense e apparentemente più limitato in termini di spazio rispetto al servizio di Mountain View) sa invece un po’ di montagna che ha partorito il topolino. Concorrenza ad Apple iTunes? E con cosa? Con un “music locker” vuoto? Ne ha fatto uno anni addietro una persona che se ne intendeva, Michael Robertson: Mp3Tunes.com. Sta ancora lì e non sembra aver cambiato il mondo. Anzi, i più non se ne sono neanche accorti (il sito era peraltro partito come un venditore di mp3, sfortunato anche in quello, con repertorio limitato e anche funestato da qualche bug). A proposito. Sempre lui si era inventato una specie di locker musicale (Beam-It). Era finita con una megacausa da parte di Universal, che ne uscì vittoriosa.

Okay, sono due grossi nomi. Google soprattutto ha potenzialità anche con una cosa del genere: dopotutto moltissimi hanno account Google per un motivo o per un altro (Gmail, Google Docs, AdSense, YouTube e via dicendo). Quindi non c’è neppure la fatica di registrarsi a un servizio nuovo. Amazon anche ha la sua bella base di clienti, pur non essendo un’entità onnipresente come Google. Peraltro, nel caso di Amazon in realtà il servizio in parte funziona anche per noi: basta avere un account su Amazon.com e il Cloud Drive da 5 gb è utilizzabile. Il Cloud Player no, ma abbiamo casualmente scoperto che se dal tasto destro del mouse aprite un file mp3 presente nel Cloud Drive in un’altra scheda o finestra del browser, questo suonerà in streaming. Insomma una specie di Cloud Player artigianale, se volete. Eppure, qualche dubbio ci rimane; in uno scenario in cui lo scontro dell’anno sarà tra Apple e Spotify (con quest’ultimo che dovrebbe finalmente sbarcare in USA e per di più vendendo brani scaricabili direttamente, mentre Apple – che a suo tempo si era pappata Lala.com – potrebbe finalmente gettarsi anch’essa nel settore cloud e/o nello streaming) e comunque le altre cose più interessanti sono nel campo dello streaming più che del download (Grooveshark, Rdio, Songza…) e avere accesso a una libreria di materiale ascoltabile ovunque in streaming non richiede neanche il caricamento di file audio in fantomatici locker, aprire un servizio con uno spazio disco online per caricare i propri brani appare persino datato, un po’ fuori tempo massimo.

Su una cosa però scommettiamo: l’apatia delle grandi label. due su quattro (EMI e Warner) in difficoltà e di fatto in vendita. L’unica che potrebbe causare grane a Google e/o Amazon è Universal: solida, ricca di risorse e nota per non arrendersi nei casi di violazione di copyright. Eppure, appare difficile un altro caso UMG Recordings v. Mp3.com nel 2011, con Amazon o Google sul banco degli imputati. In caso di scontro frontale, peraltro, questa major potrebbe essere battuta in un solo modo: col denaro. Google è uno di quei colossi che potrebbe, volendo, comprare una major del disco per intero. Nel mondo, personaggi così ce ne sono pochi.

Un altro con abbastanza denaro da comprarsi l’intera industria del disco ci sarebbe. E si dice sia in fila tra i possibili acquirenti di EMI.

Si chiama Steve Jobs, e per il momento osserva le mosse degli altri giocatori.

[Originariamente pubblicato su Mytech.it]