Grossi guai per BurnLounge?



BurnLounge è uno dei tanti distibutori di musica online; la sua particolarità è quella di consentire a chiunque di creare (legalmente) dei negozi di musica digitale – cosa peraltro consentita anche da altri servizi – e di guadagnare anche sulla rivendita di materiale altrui.

Per partecipare si acquistano pacchetti di vario tipo, che richiedono quindi un pagamento da parte degli aspiranti rivenditori.

Il problema è che da qualche tempo – negli ultimi mesi in particolare, anche se le prime voci risalgono a più di un anno fa – il servizio è oggetto di critiche per una presunta violazione della legge. Non si tratta dell’ennesima violazione di copyright: BurnLounge veicola solo materiale autorizzato e in collaborazione con società rispettabili come Muze. Grazie a tali accordi ha accesso a materiale discografico anche di provenienza major.

Anzi, anche alcuni nomi noti hanno aderito al progetto aprendo propri “store” per vendere musica: è stato il caso del compianto James Brown e del sito – tuttora operativo – James Brown’s Burn Team. Proprio Brown partecipò a una iniziativa promozionale l’8 maggio 2006, “premiando” sei rivenditori BurnLounge facendoli assistere a un concerto da posti privilegiati e incontrandoli dietro le quinte.

A inizio giugno 2007, la bomba: la FTC (Federal Trade Commission) cita in giudizio varie persone legate a BurnLounge incluo il CEO Alex Arnold e alcuni rivenditori; per loro, l’accusa di aver creato un “pyramid scheme”, uno di quegli schemi-truffa in cui conta più il reclutare nuovi partecipanti che il vendere effettivamente qualcosa. E solo chi sta nelle parti più alte della “piramide” guadagna, a scapito della base che ha investito tempo e denaro.

Intorno al 10 giugno, il fatto è di dominio pubblico. C’è più che un sospetto alla base dell’indagine della FTC e della successiva azione legale: BurnLounge paga al rivenditore solo 50 centesimi per album venduto. Ma offre anche 50 dollari per aver reclutato un paio di nuovi partecipanti. La sproporzione è evidente.

Tra i primi a dare notizia di quello che potrebbe essere uno dei più gravi scandali legati a schemi di marketing multilivello nella storia (e il primo caso del genere nel “circo” della musica digitale), la testata della South Carolina The Palmetto Scoop. Proprio questa pubblicazione l’8 giugno ha rivelato che uno dei nomi coinvolti è Rob DeBoer, molto noto agli appassionati di sport di quello stato per il suo passato di giocatore di football e baseball presso la University of Carolina. DeBoer avrebbe reclutato circa 30.000 persone da includere nel giro, grazie ad eventi organizzati a livello locale, alla propria popolarità e al coinvolgimento di altri personaggi noti del mondo dello sport. Alcuni dei quali “utilizzati” per il loro nome e a quanto pare spesso ignari del rele contenuto dell’operazione.

Se la FTC non è riuscita a ottenere un’ingiunzione per bloccare da subito le attività di BurnLounge, il caso è ancora aperto e la sua conclusione non del tutto prevedibile.

La documentazione legale relativa al caso è presente nell’Archivio Documenti di MusicBlob.it.

Pubblicato su: http://blog.mytech.it/2007/06/grossi-guai-per-burnlounge/