Instant Messaging con omicidio



La rivista Wired riporta un lungo articolo di Nadya Labi (pubblicato online il 21 agosto) su una vicenda legata a chat e instant messaging trasformatasi in una storia di cronaca nera: una giovane, minorenne, due spasimanti rivali, un omicidio.

Sembrerebbe un intreccio purtroppo tradizionale, già visto e sentito fin troppe volte. Se non fosse che stavolta c’è di mezzo la rete e se non fosse che tutto è partito come una sorta di gioco delle parti, divenuto crudele mentre i partecipanti neppure se ne accorgevano e con una serie di colpi di scena difficilmente immaginabili anche da un giallista di professione.

Da un lato Tommy, giovane marine in missione in Iraq (in realtà Tom, tranquillo padre di famiglia di mezza età, sposato, con due figlie, una vita un po’ monotona e un lavoro decente); dall’altro Brian, giovane e focoso spasimante pronto a difendere la sua bella quando si scopre che Tommy non esiste e che in realtà “suo padre” Tom ha sin dall’inizio interpretato una versione più giovane e accattivante di se stesso.

In mezzo Jessica – detta Jessi – diciassettenne che ha fatto perdere la testa a Tommy e sembra aver perso la testa per lui al punto di arrivare a parlare di matrimonio. Ma quando scopre che Tommy non esiste (a causa di Cindy, moglie di Tom nella realtà), si getta tra le braccia di Brian quasi per ripicca. Salvo continuare a intrattenere uno strano rapporto online con chi l’aveva ingannata.

Il torbido triangolo si conclude nel peggiore dei modi: Tom uccide il “rivale” Brian, e qui purtroppo non c’è niente di virtuale. Jessi non trova più il suo Brian in chat ma riceve una telefonata e la visita della polizia. Ma quando il poliziotto va in cerca della giovane fanciulla per informarla dll’accaduto e proteggerla da eventuali gesti sconsiderati del presunto omicida, si trova davanti una casalinga annoiata quarantacinquenne, Mary, che ha usato nome, foto e identità della figlia per una sorta di “gioco” nelle chat.

Il gioco finisce con due famiglie distrutte e una donna con una grave peso sulla coscienza: Brian ha perso la vita per niente; Tom, in galera, si professa inizialmente innocente (ma a circa un anno dai fatti ha ammesso la sua colpevolezza); ha rovinato la propria tranquilla esistenza e quella della sua famiglia (moglie e figlie lo hanno nel frattempo abbandonato). Quanto a Mary, che ha sempre cercato di essere una buona madre per la vera Jessi, forse solo ora si rende conto della gravità di ciò che è davvero accaduto, anche se non si può certo addebitare a lei l’unica responsabilità.

Tutte le parti sembrano essersi lasciate trascinare in una spirale di passione e di pazzia, perdendo il contatto con la realtà e mescolando virtuale e reale.

I pericoli, comunque, non sono nella Rete, ma nelle nostre teste: come non concederemmo tanto facilmente informazioni, dati, numeri di telefono o altro a sconosciuti incontrati per strada, dovremmo capire che la Rete può non essere un gioco di ruolo multigiocatore. Nella rete si incontrano persone vere, che possono essere pericolose o meno; o a cui si può fare anche del male senza rendersene conto.

Il 20 agosto 2007, mentre Tom Montgomery si dichiarava colpevole accettando una condanna a vent’anni (la sentenza è prevista per il 29 ottobre 2007) il Procuratore Distrettuale commentava così: “Stiamo parlando di fatti e della realtà. Voi avevate un triangolo amoroso nel ciberspazio. Esisteva solo nel ciberspazio. Era realtà virtuale, e l’unica cosa vera in questo caso è stata l’omicidio. Non ho mai visto nulla del genere. Mai”.

A quanto pare, per un caso Tom ha finito per assassinare Brian.
Ma in una storia del genere, dire quanti siano i carnefici e quanti le vittime appare davvero difficile.

Pubblicato su: http://blog.mytech.it/2007/08/instant-messaging-con-omicidio/