Kiva.org: dalla Rete uno stop alla povertà



Magdalene vive a Benin City, Nigeria. Ha sei figli e gestisce una piccola attività di parrucchiera. In Africa, molte persone non sono neppure così fortunate, ma certo qualche soldo in più aiuterebbe a tenere in vita e consolidare l’esercizio, assicurando così il sostentamento della famiglia.

Lydia ha una situazione familiare ancor più drammatica: ha perso il padre, non ha un compagno e sulle sue spalle ricade la responsabilità dei suoi quattro figli per non parlare del sostentamento di zie e nipoti, che per una serie di motivi si trovano a dipendere da lei. A Ntamulung, Camerun, Lydia è una donna sola responsabile di una piccola comunità; si occupa di agricoltura e di piccolo commercio, e con il poco che riesce a ricavare deve mandare avanti la sua numerosa famiglia.

Su Internet ogni giorno si verificano migliaia di piccole transazioni, molte delle quali con sistemi di pagamento come Paypal e per motivi spesso frivoli: accessori per il proprio avatar o proprietà “virtuali” in Second Life, acquisto e vendita di oggetti da collezione – o presunti tali – su Ebay, account di siti per adulti, sperperare (e qualche rara volta incassare) denaro sui casinò online dalla dubbia legalità.

Il denaro circola in rete per motivi importanti e meno importanti, per acquisti e pagamenti di ogni tipo, per motivi lodevoli (c’è anche la beneficenza, dopotutto) e non; ma quello che conta è l’enormità del flusso.

E se una piccola parte fosse utilizzata per cambiare la vita di persone come Magdalene e Lydia?

Questa è l’idea alla base di Kiva.org (che oltre al proprio sito usa anche una pagina su MySpace, per farsi conoscere): la microfinanza è già da anni una realtà nel terzo mondo, con istituzioni che – contrariamente alle comuni banche che mai presterebbero denaro a persone poverissime e apparentemente non in grado di restituire quanto avuto a prestito ed i relativi interessi – finanziano “microimprenditori” e li aiutano a migliorare la propria esistenza.

E con successo: le stime dicono che oltre il 95% di chi ottiene un prestito riesce a ripagarlo; e su Kiva.org – che presta denaro in mezzo mondo, dal Messico, all’Africa, all’Oceania ma anche in molte repubbliche ex-Sovietiche – tale percentuale sale al 100%. Da parte di chi dona, la certezza che il denaro andrà a un progetto, anzi a una persona specifica (sulla cui situazione si potranno poi ricevere aggiornamenti) e non nel calderone delle normali organizzazioni non governative che poi lo utilizzano come meglio credono. E una pagina “portfolio” per seguire gli aggiornamenti.

Per chi riceve, un aiuto concreto: agricoltori, commercianti, artigiani, piccoli uffici fanno un piccolo passo in avanti, acquistando l’attrezzatura che mancava o i semi per il futuro raccolto e garantendo la sopravvivenza di famiglie e comunità, spesso con miglioramenti in molti aspetti, dagli studi, al vestiario, alla salute (grazie alla possibilità di acquistare medicinali).

Per far ciò bastano somme quasi irrisorie, normalmente nell’ordine di poche centinaia di dollari per progetto (la donazione minima è di 25$).

Fondatori del sito sono Matthew e Jessica Flannery, che ebbero l’idea dopo un soggiorno in Uganda, Kenya e Tanzania, lui come filmmaker e lei come volontaria per un’organizzazione no-profit.

I due ebbero modo di vedere sul campo l’efficacia del sistema della microfinanza e decisero, al ritorno negli States, di inventarsi un sistema collaborativo che utilizzasse Internet e Paypal.

Oggi, Kiva.org significa tre milioni di dollari raccolti e trentamila donatori.

Quando ho conosciuto le storie di Lydia e di Magdalene, che avevano bisogno rispettivamente di 1000 e 800 dollari, le due donne non avevano raggiunto neppure il 10% della somma richiesta su Kiva.org. Dodici ore dopo, la raccolta fondi per entrambi i progetti era completata. La fine del mese è vicina: Kiva.org girerà i fondi agli enti che fanno da partner sul posto, e questi nel giro di poco tempo erogheranno il prestito.

Forse, in meno di un mese, le vite di queste due donne e di molte persone accanto a loro cominceranno a cambiare in meglio. Lydia non è neppure alla sua prima esperienza: nonostante le difficoltà, ha già ottenuto e fatto fruttare altri prestiti. Molto probabilmente, ce la farà anche questa volta.

Chissà che stavolta la rete non abbia trovato qualcosa di davvero “democratico”, molto più degli strombazzati strumenti del famigerato Web 2.0…

Pubblicato su: http://blog.mytech.it/2007/03/kivaorg-dalla-rete-uno-stop-alla-poverta/