La Riaa accusata di estorsione



Nel New Jersey la Recording Industry Association of America è stata citata in giudizio: le sue attività contro gli utenti di sistemi peer to peer sono state paragonate a quelle del racket

Solo qualche giorno fa si parlava della Riaa – acronimo di Recording Industry Association of America – per via dell’ennesima azione legale intrapresa dall’associazione dei discografici statunitensi contro anonimi utenti di sistemi peer-to-peer dediti allo scambio di file musicali.

La Riaa si trova all’improvviso sul banco degli imputati: i mezzi impiegati per combattere il filesharing abusivo configurano forse una violazione della normativa antiracket degli Stati Uniti? Sarà un giudice a doversi esprimere in merito.

L’idea di colpire singoli utenti di Internet piuttosto che società produttrici dei software p2p (come nelle cause anti-Napster) parte da lontano, anche se la massiccia adozione di questa procedura è cosa piuttosto recente; l’annuncio ufficiale della nuova strategia è del giugno 2003, le prime azioni legali dello scorso settembre. Molta documentazione sull’argomento è stata raccolta dalla Eff, che segue direttamente la questione, e presentata nel proprio sito.

Ultimamente si è scelto il modello della causa contro “John Doe“, il classico nominativo utilizzato per indicare qualcuno di cui non si conoscono le generalità; modello di cui la Riaa esibisce orgogliosamente un campione nel proprio sito. Questo tipo di strumento legale era un tempo utilizzato per casi lontani dal mondo di Internet: come lo stesso sito Riaa riferisce, un nota marca di orologi fece uso di questa procedura per combattere i numerosi – e ignoti – spacciatori di falsi.

Come sempre, nel mondo della musica on line le cose tendono a muoversi molto rapidamente ed ogni giorno si registrano novità che a volte segnano il capovolgimento di situazioni date ormai per assodate: un nome importante come Mp3.com chiude i battenti, un sito vicino al fallimento risorge… e stavolta tocca alla Riaa vedere ribaltarsi le proprie posizioni.

Una donna del New Jersey ha citato in giudizio la Riaa perché assieme alle citazioni, gli utenti ricevono proposta per accordarsi pagando un corposo risarcimento.

Questo tipo di modalità ha spaventato molte persone che hanno preferito pagare piuttosto che imbarcarsi in una lunga e probabilmente costosa causa; pertanto, i legali della donna hanno pensato che ciò possa paragonarsi a talune pratiche tipiche del crimine organizzato, e precisamente quelle combattute dalle leggi note come Racketeer Influenced and Corrupt Organizations (RICO) laws. L’accusa è pesante e tutta da provare: in ogni caso, mai l’industria discografica si era trovata in una tale situazione di difficoltà nel confronti del problema del filesharing.

Pubblicato su: http://mytech.it/web/2004/02/23/la-riaa-accusata-di-estorsione/