Le sette vite di Napster



Il sito di musica più famoso del mondo nel giro di pochi giorni si trova prima a un passo dal fallimento, quindi di nuovo sulla cresta dell’onda. Grazie a Bmg

Breve cronistoria delle ultime settimane di Napster, con finale a sorpresa. Il 14 maggio Konrad Hilbers, presidente e amministratore delegato, dà le dimissioni dopo aver constatato l’impossibilità di cedere la società al gigante dei media Bertelsmann, viste le continue liti in consiglio d’amministrazione. In pratica, un’offerta della major tedesca di rilevare del tutto la compagnia era stata frenata dalla controversia creatasi in seno al consiglio e tra gli stessi soci fondatori in merito ad alcune nomine, non effettuate in maniera proprio regolare secondo una delle parti. Così, Hilbers decide di non volersi trovare a bordo nel momento in cui l’unica possibilità realistica sembra dichiarare il fallimento.

Lo stesso giorno Shawn Fanning – il creatore del popolare software – e diversi altri nomi importanti della società, decidono di seguire Hilbers. Circolano voci inquietanti: ai 70 dipendenti rimasti pare sia offerto di andar via subito con la certezza di poter incassare la liquidazione o prendere una settimana di ferie non pagate nella speranza che nel frattempo si faccia vivo un improbabile finanziatore a salvare la baracca.

Bertelsmann ha comunque un asso nella manica: essendo il primo dei creditori di Napster in caso di fallimento comunque si ritroverebbe a controllare la società e la sua preziosa tecnologia. Solo per le spese di gestione, Bmg ha speso più di 85 milioni di dollari in finanziamenti a Fanning e soci.

Poche ore dopo, il sito sembra irraggiungibile: il tutto lascia presagire una fuga massiccia dei dipendenti, oltre che dei dirigenti. Invece, nell’ora più nera della sua storia, Napster ancora una volta dimostra di avere più vite del proverbiale gatto. Solo 3 giorni dopo, il 17 maggio, Bertelsmann si inventava un’offerta di 8 milioni di dollari, che consentiva alla software house di sopravvivere e convinceva Hilbers e Fanning a tornare sui propri passi. Si arriva a parlare persino del salvataggio di tutti i 70 posti di lavoro.

A questo punto Napster – con l’ennesima iniezione di capitali – potrebbe cercare di ususfruire del Chapter 11, sorta di tutela fallimentare, che lo terrebbe al riparo per un po’ dagli altri creditori.
Se l’offerta vi pare esagerata, basti pensare a quanto finora aveva “bruciato” la stessa Bmg in Napster e al fatto che fino a pochi giorni prima l’ultima offerta d’acquisto era stata di 16 milioni.
Così, i tedeschi parrebbero aver concluso un affarone. Ma la parola fine e l’eventuale rilancio del servizio in formato “subscription” legale sono ancora di là da venire. Ora più che mai, vale la pena continuare a seguire la telenovela del re dei peer-to-peer.

Pubblicato su: http://mytech.it/web/2002/05/20/le-sette-vite-di-napster/