Licenza di spiare in libertà: allarme privacy sulla Rete



Software gratuiti in cambio di qualche banner: ciò che sembra un affare, può comportare l’installazione di file che divulgheranno i nostri dati personali a scopo di lucro. Ma sono pronte anche le soluzioni anti-spionaggio

Il problema delle “spie” informatiche o presunte tali, intese come tecnologie software o persino hardware che in qualsiasi modo violino la privacy dell’utilizzatore, magari installando file a sua insaputa o inviando un certo tipo di dati a terze parti, non è né fantascienza, né tantomeno una novità. E non stiamo parlando di presunti sistemi di spionaggio gestiti o legati in qualche modo ad amministrazioni e governi (stile Echelon).
Negli ultimi anni si è spesso vociferato della presenza di questo tipo di accorgimenti (impiegati il più delle volte non certo per una generica voglia di “spionaggio” da film di James Bond, ma più che altro per implementare tecniche di marketing d’assalto, effettuare ricerche di mercato non proprio alla luce del sole e inviare offerte commerciali personalizzate). Si è parlato di programmi, o meglio di file inclusi in pacchetti software anche molto noti (da alcuni prodotti Microsoft al RealDownload di RealNetworks) che in un modo o nell’altro andavano “al di là dei loro compiti”; nel caso di RealNetworks, un maldestro tentativo di monitorare i download effettuati dai netsurfer si è risolto un anno fa con la frettolosa pubblicazione di una “patch” per rimuovere ogni sospetto di violazione di leggi e regolamenti sui dati personali degli utenti.
Nel caso di Microsoft, per esempio, tra le tante “voci” infondate, qualcosa è stato accertato: l’utilizzo del cosiddetto Mac Address (associato alla scheda di rete) che permetterebbe di risalire (partendo da una cosa semplice come un file di Word pubblicato in forma anonima su Internet) alla macchina che lo ha generato e quindi con buon probabilità all’autore (un programmino “ad hoc” – denominato Random Mac Address – per eliminare questo problema mediante la generazione di un Mac address casuale è reperibile all’indirizzo www.olografix.org/cerin0). Tra l’altro, questo tipo di accorgimento non dovrebbe essere più in uso oggi nei software Microsoft. Tra le altre voci clamorose circolate in passato, quelle relative al Psn (Processor serial number) contenuto nei chip Pentium III, anch’esso atto a rendere identificabile una macchina.
Ci sono poi i cookie, i “biscottini” elettronici che fanno capolino nei browser, stringhe testuali che registrano fedelmente il nostro passaggio in un certo sito e rimangono nel pc per un certo periodo di tempo. Dei cookie si può anche fare un utilizzo intelligente, per esempio per far ricordare al computer un certo utente e mostrare automaticamente un certo sito in maniera personalizzata; fino a poco tempo fa, la Cnn utilizzava questo tipo di tecnica per il suo servizio MyCnn (oggi sospeso a favore di MyNetscape) per mostrare una home page personalizzata con le sole categorie di notizie desiderate (per esempio sport e spettacolo piuttosto che politica) e altri dati “ad hoc”, come le previsioni del tempo per la propria città.
Qualcuno ha fatto di tali stringhe testuali un utilizzo fin troppo massiccio, magari per cercare di identificare il tipo di movimenti fatti sul sito e “ricordare” le preferenze dei navigatori in fatto di acquisti on line, per esempio per visualizzare il banner di un prodotto o servizio appetibile per un determinato utente. In tutto questo ci vuole davvero poco per sconfinare nella privacy dei navigatori: l’articolo 10 del decreto 171/98 sulla “tutela della vita privata nel settore delle telecomunicazioni”, che riguarda le chiamate indesiderate, può essere applicabile anche ai cookie qualora essi contengano dati personali. Un buon sito web per informazioni sull’argomento è Cookie Central.

Pubblicato su: http://mytech.it/flash/2001/07/16/licenza-di-spiare-in-libertaallarme-privacy-sulla-/