L’invasione dei Cd protetti



Da qualche anno si discute delle tecnologie di protezione dei supporti audio per combattere la pirateria e il file sharing di massa. Tra guardie e ladri, ne fanno le spese i consumatori. Ma non solo: ecco perchè

Di tanto in tanto, qualcuna delle major lancia un segnale: l’invasione dei dischi protetti sembra sempre più vicina. Qualche mese fa circolava la voce (diffusa dal sito MP3Newswire) che Bmg aveva in preparazione la massiccia adozione di tecnologia SunnComm per i propri dischi a marchio Arista, negli Stati Uniti. Le voci prevedevano l’arrivo dei primi esemplari sul mercato americano per maggio-giugno. Bmg dal canto suo nello stesso periodo asseriva però di essere ancora in fase di test; SunnComm non commentava.

Negli ultimi due anni i “test” di questo tipo sono stati numerosi ed hanno portato sia alla sperimentazione con i Cd promozionali da inviare ai media, che all’uscita dei primi Cd protetti disponibili commercialmente.

I Cd Sony sono protetti con la tecnologia Key2Audio, ma solo nominalmente: come se la major avesse voluto salvare le apparenze, ma allo stesso tempo non inimicarsi i propri clienti (Sony produce anche ogni sorta di apparecchiature per la duplicazione).

Se da un lato questi Cd sono potenzialmente pericolosi per alcuni sistemi (Mac in particolare), dall’altro un semplice trucco documentato da diverse fonti rende nulla la protezione: con il Key2Audio, il computer tenta di leggere una traccia dati danneggiata e resta bloccato; basta quindi “coprire” la traccia in questione (per esempio praticando un segno con un pennarello indelebile) e il computer vedrà solo il resto del Cd, ossia le tracce audio.

Con i primi tentativi di Cd protetti (e con tecnologie sviluppate da società come Macrovision e Midbar Tech oltre che SunnComm), si sono verificati problemi di ogni sorta: Cd che mandano in crash sistemi Windows o – come dicevamo poco fa – che procurano seri danni ai Macintosh; Cd non standard che addirittura sollevano le ire della Philips, che vede questi prodotti come una versione “imbastardita” dell’originale supporto ottico lanciato anni addietro dalla stessa multinazionale.

Alcuni produttori (Sony in testa) addirittura si adeguano e rimuovono lo storico logo “compact disc” presente da sempre nella maggioranza dei dischi “standard”. Altri sono costretti a scusarsi con i consumatori e a dichiarare pubblicamente che i propri prodotti non sono compatibili con lettori Cd-Rom e computer.

È il caso del clamoroso “doppio fiasco” legato all’album del cantante country Charley Pride “A Tribute to Jim Reeves”: da un lato, il disco prodotto e distribuito nel maggio 2001 da MusicCity Records con una tecnologia di protezione SunnComm, dopo pochi giorni già circolava in Rete sottoforma di Mp3 illegali.

Il tutto perché la label, non ci è dato sapere se per una politica volutamente ambigua o per una imperdonabile distrazione, aveva concesso la pubblicazione in Australia di 2000 copie dello stesso titolo senza alcuna protezione. Come se non bastasse, le società coinvolte nella produzione del disco – MusicCity Records, Fahrenheit Entertainment e la stessa SunnComm – si sono ritrovate citate in giudizio da un consumatore residente in California sia per la tecnologia di protezione che senza alcuna informazione per l’utente impediva l’uso del Cd su lettori mp3 ed altri sistemi, che per aver raccolto illegalmente dati personali degli ascoltatori del disco.

Vicenda conclusasi con un accordo e con le scuse dei convenuti che si impegnarono a cancellare dai propri file le informazioni illegalmente raccolte e a comunicare al pubblico che il Cd non funziona in lettori Dvd, Mp3 e Cd-Rom.

In diversi paesi sono state presentate campagne a favore dei diritti del consumatore: il sito ukCdr.org reclama ad in particolare una maggiore attenzione per il concetto di “uso corretto” (fair use) delle opere protette da copyright e tuona contro la Eucd (European Union Copyright Directive), direttiva che per certi versi replica in Europa i contenuti del famigerato Dmca americano e rende punibile chi aggira le protezioni ad esempio creando un software ad hoc per violarle.

I Cd protetti sono per molti corrupt audio Cds, Cd “corrotti”, danneggiati. Di fatto, molti di questi sistemi lavorano sul meccanismo di correzione di errori, ossia quella funzione che si occupa di “riempire” alcune piccolissime tracce danneggiate e quindi consentire al lettore Cd di un computer di bypassare piccoli graffi sulla superficie del disco.

Giocando su questo sistema, si è scoperto che si poteva impedire ai computer di leggere i supporti, che invece restavano utilizzabili su lettori tradizionali. Morale della favola: i Cd protetti sono meno resistenti ai graffi, come riferisce ancora ukCdr.org e quindi – come conferma addirittura la stessa Philips – si rovinano più facilmente diventando illeggibili nel giro di qualche anno.

Ancora, studi come quello presentato tempo fa da Jupiter Research affermano che per i consumatori questo tipo di supporto “vale meno”: addirittura otto dollari in meno rispetto ad un Cd tradizionale; come dire che gli ascoltatori sono disposti a pagare di più i dischi tradizionali ma in cambio esigono il diritto all’usabilità del supporto.

E un altro fiasco clamoroso arriva dal settore radiofonico, uno dei primi terreni saggiati dall’industria discografica per lanciare i nuovi supporti protetti; molte radio lavorando ormai col sistema della “regia automatica”: un computer in cui vengono caricate le novità musicali da programmare nel corso della giornata.

Pertanto, quando un’emittente riceve i nuovi Cd promo dalle case discografiche, spesso i supporti vengono manipolati unicamente per il tempo necessario al caricamento su computer; poi vengono irrimediabilmente archiviati nei polverosi scaffali delle stazioni radio.

Molte di queste stazioni stanno scoprendo con orrore che diversi supporti ricevuti dalle case discografiche sono illeggibili dal computer: il Cd finisce nella spazzatura e il brano non entra in programmazione, con gravi danni per gli artisti e per gli stessi discografici. Questo problema è stato segnalato ad esempio in Australia, dal quotidiano The Age.

Nessun discografico sembra comunque pensare a una cosa: i consumatori disposti ad acquistare un prodotto pirata o a scaricarne copie illegali dalla Rete non sono certo interessati alla qualità dell’audio.

E qualunque tecnologia si applichi a un comune Cd, basterà comunque campionare il segnale audio da una qualsiasi uscita di linea o peggio ancora da una presa per le cuffie – se non si è amanti dell’alta fedeltà – ed ecco comunque una copia, magari grezza e non perfetta ma comunque di discreta qualità e priva di protezione, pronta per essere ulteriormente diffusa in barba ai costosi sistemi di SunnComm e soci.

Si ringrazia Nicola D’Agostino per la collaborazione

Pubblicato su: http://mytech.it/digitale/2003/08/27/linvasione-dei-cd-protetti/