Napster, i rischi dello stand by



Continui rinvii del rilancio, questioni giudiziarie irrisolte, problemi tecnici ed economici, riduzioni del personale: in difficoltà su vari fronti, lo storico software peer-to-peer rischia di non ritrovare più il suo spazio sul mercato

Come è noto, dall’estate dello scorso anno gli ex utenti del più popolare software peer-to-peer del mondo sono costretti a rivolgersi altrove, in attesa di una riapertura più volte annunciata e altrettante volte rimandata, ora per problemi tecnici, ora per motivi legati a procedimenti in corso, quando non per motivi economici puri e semplici.

Mentre la lista dei rinvii continua ad allungarsi e la data possibile per il rilancio è ora slittata nuovamente in avanti di circa nove mesi (fine 2002-inizio 2003), sul sito del noto software si possono vedere timide anteprime del nuovo servizio, ma la mancanza di notizie ufficiali – la pagina delle press release è ferma al 10 gennaio – e il fatto che sulla pagina dedicata allo status del servizio si continua a leggere solo un laconico File sharing has been temporarily suspended non sono certo di buon auspicio.

Napster è in difficoltà, ormai su più fronti, e questa non è più nemmeno una notizia. Dal punto di vista economico: a dicembre, un primo taglio tra i propri dipendenti; solo qualche giorno fa, un’ulteriore riduzione del personale. Sul fronte del diritto d’autore: la controversia con le major continua a complicarsi; mentre gruppi di etichette indipendenti europee ed americane (incluso uno sparuto ma agguerrito gruppo italiano, rimasto per ora in incognito per motivi contrattuali) hanno trovato accordi e in qualche caso persino risarcimenti, le major che avrebbero dovuto salvare il servizio e addirittura monopolizzarlo coi loro possenti repertori, portano ancora avanti la lite.

Siamo al paradosso: lo scorso 25 marzo la solita 9th Circuit Court of Appeals ha confermato l’ordinanza del giudice Patel dell’estate 2001 con cui il servizio veniva sospeso, il giorno dopo Napster ha ottenuto dallo stesso giudice 10 mesi di tempo per dimostrare che le major hanno intentato causa al noto servizio P2P per mandarlo fuori mercato e quindi lanciare i propri canali di distribuzione musicale on line (MusicNet e Pressplay). Non è certo una novità: di inchieste simili in chiave antitrust si era già parlato anche in Europa. Ma al di là di dove sia la ragione, resta il fatto del protrarsi della completa stasi di quello che un tempo era il più grande network di scambio di file audio.

Intanto, gli ex utenti continuano a “giocare” indisturbati con altri sistemi P2P o si rivolgono a servizi legali come EMusic o il più recente Yaga. Proprio EMusic, tra l’altro, ha di recente stretto accordi proprio con alcuni degli stessi indipendenti che hanno risolto i loro problemi con Napster: la stasi continua quindi a portare benefici alla concorrenza.

Da fine marzo si rincorrono poi voci contrastanti circa un interesse di Bmg ad acquisire integralmente Napster, del quale era già stata “sponsor” sin dal 2000. In un’intervista di inizio aprile, Thomas Middelhoff ha confermato l’interesse da parte della major tedesca, ma ha anche dato una battuta d’arresto a chi si aspettava una rapida soluzione del problema, affermando che non sarà possibile acquisire le quote dei soci fondatori se prima non si risolverà una lite cominciata qualche tempo fa proprio tra questi ultimi.

A Napster resta quindi solo da aspettare, anche su questo fronte, e sperare di ritrovare ancora un proprio spazio sul mercato quando i (forse troppi) giochi tra le varie parti in causa saranno fatti.

Pubblicato su: http://mytech.it/web/2002/04/12/napster-i-rischi-dello-stand-by/