Napster the day after: la e-music dopo la sentenza



Il sito ha ridotto gli accessi ma non si è scoraggiato, stringendo accordi importanti ed elaborando una tecnologia più sicura. Ai discografici l’onere della prova contro i pirati. E tra gli attori, in scena anche Microsoft

Il 10 aprile ci si aspettava qualcosa di clamoroso, una decisione definitiva o almeno un passo decisivo verso la soluzione della controversia tra Napster e i titolari di copyright.
Invece, il giudice Marilyn Hall Patel ha deluso le aspettative affidandosi a un mediatore, A.J. Nichols, famoso per aver svolto nel recente passato una simile funzione anche in una causa tra Microsoft e Sun. Se da un lato sembra assodato che il giudice Patel sia d’accordo con i discografici nel condannare la condivisione dei file non autorizzata operata da Napster, dall’altro, la faccenda si è rivelata più ingarbugliata del previsto.
Mentre Nichols sta verificando se le tecnologie implementate da Napster siano o meno sufficienti ad accontentare le case discografiche, il giudice ha per ora respinto le due proposte di class action, azioni legali di categoria intentate dagli indipendenti e dalla Nmpa, che raggruppa gli editori musicali americani.
Allo stesso tempo, ha però affermato di ritenere disgraceful il comportamento di Napster, a dimostrazione che gli sforzi finora fatti per contenere lo scambio non autorizzato di brani musicali erano tutt’altro che sufficienti.

Un music detector per Napster
Nel giro di un paio di settimane, le cose sembrano tuttavia essere cambiate. Napster ha stretto accordi e speso milioni di dollari per acquisire tecnologie tali da risolvere il preblema. L’acquisto di Gigabeat e la licenza per l’utilizzo del sistema Cddb per il riconoscimento dei nomi dei file sono solo alcuni dei colpi messi a segno dalla società produttrice del software musicale più amato.
L’accordo più interessante è però quello con Relatable: Napster ha acquisito un’avanzatissima tecnologia basata sul fingerprinting, in grado cioè di creare e individuare “impronte sonore” esaminando la lunghezza d’onda dei file audio. Questa tecnologia ha il curioso nome di Trm (This Recognizes Music, ossia Questo [software] riconosce la musica).

Alle major l’onere della prova
Alla fine del mese quindi, anche in seguito a queste operazioni, le parti si sono invertite: interpretando la decisione con la quale la Corte d’Appello le aveva rispedito il caso, il giudice Patel ha stabilito che è responsabilità delle case discografiche individuare i brani pirata e le infinite variazioni nei nomi dei file.
Scaricando l’onere della prova sulle major (a meno che il 9th Circuit, ossia la Corte d’Appello, non decida diversamente) il giudice ha così segnato un punto a favore del popolare software.
Tra l’altro, se è vero che su Napster circolano ancora tantissimi brani coperti da copyright, gli ultimi filtri applicati hanno ridotto notevolmente la presenza di essi, e di quelli rimasti non è facile individuare la proprietà (circolano per esempio tantissimi brani a firma Fab Four: è ora compito delle major dimostrare che si tratta di brani originali dei Beatles).

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Pubblicato su: http://mytech.it/flash/2001/05/08/napster-the-day-afterla-e-music-dopo-la-sentenza/