Pandora & Grooveshark: successi & grane legali per il mondo dello streaming



In contemporanea, mentre Pandora annuncia degli utili, Grooveshark viene citato in giudizio da Universal per una somma astronomica, con accuse molto pesanti. Eppure, non tutto è come sembra…

Se ci dovessimo fermare in superficie, le notizie degli ultimi due giorni riguardanti due nomi noti nel mondo della musica online in streaming potrebbero essere riassunte così: è il giorno del successo per Pandora e il momento più buio della breve storia di Grooveshark.

Nel primo caso è un piccolo, grande miracolo: Pandora – che solo pochi anni addietro era del tutto illegale ed aveva rischiato di scomparire nel 2008, per via dei problemi relativi alla sua regolarizzazione e in particolare alle royalty da versare per poter continuare ad operare negli USA – per la prima volta dichiara degli utili, e non pochissimi. Se un anno fa Pandora era in perdita secca, sotto di 1,77 milioni di dollari, adesso la situazione è capovolta, con 638.000$ di utili nell’ultimo trimestre, come riferisce Digital Music News. Ma più che la somma, colpiscono altri dati. Pandora che a sorpresa copre il 66% di tutta la radio via Internet, e il 4,3% del totale delmercato radiofonico (considerato globalmente: terrestresatellitareInternet e via dicendo). Sono percentuali ragguardevoli.

Nello stesso giorno, una notizia nel senso opposto: Grooveshark, che si trova a fronteggiare problemi anche peggiori di quelli affrontati da Pandora in passato, si trova ad essere accusato da Universal Music Group di una colossale violazione delle norme sul copyright (il caso è UMG Recordings, Inc. v. Escape media Group, Inc.). Addirittura, amministratori e dipendenti del sito vengono apertamente accusati di aver “personalmente” caricato nel sistema musica di proprietà delle major. Ancora Digital Music News riferisce di una richiesta di 17 miliardi di dollari (!) per un totale di 113.777 violazioni. Aggiungiamo noi che l’importo richiesto non è casuale (è di poco inferiore ai 150.000 dollari per singola opera; ossia il massimo risarcimento consentito dalla legge in questi casi).

Eppure, se il circo della musica online ci ha insegnato qualcosa in 13 anni di attività, questo è il fatto che niente è veramente “bianco” o “nero”, e che ben poco riesce a sopravvivere sul lungo periodo. Osserviamo un attimo il caso di Turntable.fm: sulla bocca di tutti per alcuni giorni, la scorsa estate; in rapido declino solo qualche mese dopo. Come una moda passeggera, di cui magari pochi si ricorderanno già tra breve.

In altre parole, non è detto che il momento più che positivo di Pandora equivalga a una garanzia di successi duraturi nel tempo, o anche solo a una dignitosa sopravvivenza, visto che nel giro di un decennio il ricambio tra gli operatori di questo schizofrenico mercato è stato pressoché totale.

E allo stesso tempo non è detto che la fine stia davvero per avvicinarsi per Grooveshark: innanzitutto, il sito ha in tasca una licenza importante (EMI) e diverse altre con strutture di minori dimensioni; e non è detto che Sony e/o Warner non vadano presto ad aggiungersi al portfolio di etichette disponibili.

A questo punto resterebbe Universal, che una volta – come abbiamo ricordato in un’infinità di occasioni – si impuntò nei confronti del vecchio Mp3.com e lo stritolò, finendo per diventarne proprietaria.

Eppure non solo è diverso il momento storico; è diversa la tecnologia, e poche sembrano le prove in mano alla major. In altre parole: per Mp3.com c’era un elemento concreto (il software Beam-It e il caricamento di enormi repertori sul server centrale, da parte della stessa casa madre). Un giudice ritenne che ciò costituisse in effetti una violazione – anche se il servizio consentiva l’accesso solo ai titolari di mp3 e cd originali – e Universal stravinse.

Nel caso in questione, Grooveshark opera con la protezione del DMCA, almeno in teoria; a leggersi tutta la documentazione e i bizzarri allegati, c’è un pittoresco messaggio di Sina Simantob (di Escape Media Group) che sembra ventilare una sorta di truffa, più che la violazione di copyright. Pagare le label, ma “rivendere” alle stesse i risultati del “data mining” ottenuto lavorando senza permesso con gli stessi repertori delle etichette, e lucrare tra questi passaggi. Questo è l’unico punto dolente. Eppure vengono tirati in ballo, a rispondere personalmente della loro condotta, molti dipendenti diGrooveshark; ma pur essendoci il nome di Escape manca quello di Simantob, che è l’unico che si lascia scappare affermazioni in qualche modo compromettenti.

Inoltre, nulla sembra provare che sia Grooveshark stesso e non i suoi utenti a caricare brani non autorizzati. Come può così tranquillamente la major asserire che adddirittura il CEO Samuel Tarantino e i Vicepresidenti passino la giornata a caricare migliaia di brani illegali solo per arricchire il proprio repertorio (quando peraltro c’è la possibilità per label e artisti di caricare in prima persona il materiale originale)? Chi ha eventualmente accertato questo dettaglio, e non si sarebbe verificato un accesso abusivo a un sistema informatico per effettuare tale tipo di verifica?

Infine, la citazione di Universal si basa ampiamente anche su un commento apparso proprio su Digital Music News lo scorso 17 ottobre. In esso, un fantomatico dipendente di Grooveshark descriverebbe le pratiche poco ortodosse portate avanti dal sito e nelle quali egli stesso era rimasto invischiato. Il personaggio cita anche il caso dei King Crimson in lite proprio con Grooveshark, accusato di trattare gli artisti come “nemici”.

Il tutto sembra surreale. Un commento anonimo postato in un blog sembra un po’ pochino come prova principe per un caso di simile gravità.

Ancora, nessun giudice ha mai condannato al pagamento di 150.000 dollari a brano. Supponendo che Grooveshark sia colpevole e che ci sia una sentenza in tal senso, la pena ammonterebbe al massimo a 2 o 3 miliardi di dollari. Ma in realtà solo 1.800 degli oltre 100.000 brani di cui si discute appartengono davvero al repertorio Universal. Il che ridurrebbe l’importo intorno ai 45 milioni.

In mancanza di accordi tra le parti, sarà il tempo a dirci se quella che si prepara oggi sarà la sonora sconfitta di Grooveshark, o la figuraccia definitiva per la più grande major del disco…