Requiem per il pubblico dominio



Di certo, aggiustamenti di qualche tipo sono necessari, soprattutto quando si verificano casi controversi come quello dell’estensione di copyright stabilita dal cosiddetto Sonny Bono Copyright Term Extension Act negli USA, confermato all’inizio del 2003 dalla Corte Suprema americana.

Per la cronaca, questa legge che prende il nome dal suo promotore, il noto cantante, produttore discografico nonché deputato repubblicano al Congresso Usa, Sonny Bono (ex marito di Cher, morto nel 1998 poco dopo l’approvazione del provvedimento legislativo) prevede il prolungamento della “vita” del copyright: da 50 anni oltre la morte dell’autore si passa a 70, come già avveniva in alcuni paesi.
Se da un lato armonizzare determinate leggi può essere cosa auspicabile in un contesto di economia globale quale quello che stiamo vivendo, dall’altro si rischia di introdurre pericolosi precedenti diretti all’eliminazione vera e propria del concetto di “pubblico dominio”.

A fine marzo 2003, Lawrence Lessig – che tra le altre mille cose è professore alla Stanford Law School nonché membro del consiglio della Electronic Frontier Foundation – segnalava preoccupato nel suo blog il caso del Congresso messicano: nel paese centroamericano si pensa ad una ulteriore estensione della durata del copyright a 100 anni dopo la morte dell’autore. Commenta cinicamente Lessig: «E senza dubbio ciò segnerà l’inizio di un altro ciclo di “armonizzazione” in tutto il mondo». Non solo: «alla scadenza del termine» – continua preoccupato il professore – «il governo avrà il diritto di esigere royalties per le opere di pubblico dominio».

Una situazione gravissima, che tra l’altro riporterebbe indietro di anni i sistemi di alcuni paesi; si tornerebbe al vecchio “diritto demaniale” in vigore anche da noi, che vede il paradosso dello Stato che si sostituisce agli eredi dell’autore alla scadenza del termine di legge; uno scenario sinistro e surreale, con lo Stato erede di Mozart, Beethoven, Picasso, Leonardo Da Vinci, Alessandro Manzoni o John Lennon.

Questo tipo di diritto – che per l’esattezza prevedeva nel nostro sistema quote a favore dello Stato su incassi e prezzo di copertina delle opere di pubblico dominio in occasione di rappresentazione, esecuzione, pubblicazione e così via – era stabilito da una serie di articoli della nostra Legge sul Diritto d’Autore, tutti abrogati tra il 1993 e il 1997.

Davvero epica, poi, una dichiarazione di Mary Bono, membro del Congresso Usa e seconda moglie del defunto Sonny, riportata nella documentazione del caso Eldred Vs. Reno, «Sonny avrebbe voluto far durare il termine di protezione del copyright per sempre. Mi dicono che tale modifica sarebbe in violazione della costituzione” (la Costituzione americana non ammette il termine “forever” in materia di limiti temporali).
Continua imperterrita Mary Bono: «Invito tutti voi a lavorare con me al rafforzamento delle nostre leggi sul copyright in tutti i modi a noi possibili. Come sapete, c’è la proposta di Jack Valenti per la durata di per sempre meno un giorno. Forse il Comitato potrebbe prendere in considerazione tale proposta al prossimo Congresso.»

Così, in uno scenario surreale, una frase – forever and a day – che finora si era solitamente vista nelle canzoni d’amore, a indicare la volontà di far durare un sentimento per sempre e anche di più, viene pervertita al fine di tentare di aggirare i termini della Costituzione Usa in materia di copyright. Forever less one day.

Pubblicato su: http://mytech.it/unmapped/2003/09/17/requiem-per-il-pubblico-dominio/