SpotMeUp: musicisti gratis su Spotify (ma con l’inghippo)



Musicisti indipendenti attenzione: SpotMeUp non costa nulla ma… vuole le vostre royalty!

L’idea di base di SpotMeUp non sarebbe male: distribuzione gratuita su un noto servizio di streaming.

Spotify, Spotify… il famoso servizio musicale è sulla bocca di tutti negli USA, dove è sbarcato da qualche tempo con successo; è già piuttosto affermato in alcuni paesi europei come Svezia (dove vale più di iTunes, per il mercato) e Gran Bretagna.

Desta timori in artisti ed etichette che si lamentano di essere pagati troppo poco per gli ascolti (ma nessuno sembra aver fatto caso che è quanto per un decennio hanno pagato servizi in streaming come Rhapsody, Musicnet/Medianet, Napster, Lala.com, Last.fm…).

Eppure chi fa musica, salve rare eccezioni, vuole esserci. E’ un po’ come una importante stazione radio: bisogna cercare di inviare il materiale ed ottenere qualche passaggio; anche se non si fanno direttamente soldi, è sempre promozione e visibilità.

Facendo leva su quest’ultimo spunto, ecco apparire un servizio come SpotMeUp, che non promette di piazzarvi su tanti servizi musicali in download e streaming, non chiede cifre fisse – alte o basse che siano – come Tunecore, CD Baby e soci.

SpotMeUp nasce per arrivare al solo Spotify e gratis: apparentemente a costo zero, la vostra band indipendente avrà accesso allo stesso canale in cui ci sono i grandi artisti del passato e del presente, con un repertorio di milioni di brani, ascoltabili anche gratis e accessibili a un pubblico vastissimo e in costante crescita. Una bella vetrina, certamente.

Troppo bello per essere vero. SpotMeUp è l’esatto contrario di Tunecore: se quest’ultimo chiede una cifra consistente (49.99 dollari l’anno) per pubblicare e mantenere online un vostro lavoro (manco pagasse spazio web sui server di iTunes & co.) ma in cambio offre il 100% delle royalty, SpotMeUp non costa nulla. Ma presenta una poco simpatica clausola che prevede la cessione del 100% dei vostri introiti dallo streaming su Spotify. In caso di download a pagamento, SpotMeUp invece girerebbe il 100% all’artista (0,70$ o 0,70 Euro; o 0,49 sterline per il mercato inglese). Ma Spotify è noto per gli ascolti, più che per i download.

Le paroline magiche sono un po’ nascoste tra le FAQ:

Do I get paid for streams? (“Verrò pagato per gli ascolti?”)

No, SpotMeUp does not pay for any streams. (“No, SpotMeUp non paga gli ascolti.”)

Un servizio del genere ovviamente punta a lavorare sulla quantità: se milioni di artisti indipendenti cedessero a SpotMeUp i loro pochi spiccioli derivanti annualmente dagli ascolti in streaming, SpotMeUp avrebbe comunque fatto un ottimo affare, mentre i gruppi – per i quali quelle piccole cifre cambierebbero magari molto poco – avrebbero la loro bella visibilità gratuita. A rischio però di dar via introiti imprevisti.

Ci sorge qualche dubbio. Un artista privo di contratto (perché nel caso di una label dovrebbe essere questa a pensare a piazzare il materiale presso i vari negozi digitali…) capace di autodistribuirsi in digitale non punta solo a Spotify. Quantomeno punta anche ad iTunes e qualche altro posto, magari Amazon. Nel momento in cui sta già pagando un CD Baby o chi per lui, perché mai dovrebbe regalare potenziali royalty a SpotMeUp, quando l’aggregatore di riferimento, nella tariffa già pagata fornisce anche Spotify, e lascia aperta la possibilità di farci qualche soldino? Persino il sito tedesco Feiyr.com che richiede piccole somme per ogni singolo servizio fornito, chiede qualcosa come un paio di centesimi di euro per andare su Spotify. E vi lascia l‘80% dei proventi. In ultima analisi, persino l’esoso Tunecore – se lo state già usando per iTunes – suona più conveniente. E così tanti altri aggregatori che stanno nel mezzo tra le offerte che abbiamo citato.

Ciliegina sulla torta: potete rimuovervi dal servizio, qualora nel frattempo sopraggiunga un contratto con un’etichetta. Però dovete pagare 10 dollari per andarvene.

Un po’ come quei club di dubbio gusto dove l’ingresso è gratuito ma si paga l’obolo per uscire; o la bizzarra “tassa di uscita da Cuba” nota a chi ha visitato l’isola caraibica. ;)

[Pubblicato su Mytech]