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Da PayBox.me a VirtaPay: innovazione o truffa?

Un sistema di pagamento innovativo, una moneta “virtuale” e un potenziale concorrente di Paypal, o una clamorosa truffa? Note su PayBox.me (ora VirtaPay)

Non ci sono vie di mezzo: VirtaPay sarà o un pericoloso concorrente di Paypal, o una truffa che finirà con l’incriminazione dei suoi proprietari.

 

paybox_logo

Nato come PayBox.me, questo sito ha fatto parlare moltissimo di sé nel corso del 2010 e dopo un recente cambio di nome e un parziale restyling, teoricamente ha anche fatto dei progressi verso la costruzione di un proprio sistema di moneta elettronica e di pagamenti online.

C’è però un problema di fondo: PayBox.me/VirtaPay è troppo bello per essere vero. Inizialmente, un bonus di $50 veniva offerto ai nuovi iscritti, senza dover fare nulla (!). Fin qui non è una novità così clamorosa: chi scrive ricorda i giorni – quasi la preistoria della Rete –  in cui Paypal era in fase di lancio e a ogni nuovo account veniva accreditato un bonus di 5 dollari.

VirtaPay logo

Anche se il bonus iniziale si è poi ridotto a 25 dollari, ci sono altri modi per accrescere (quasi senza far niente) questo “gruzzolo” virtuale nel proprio account. Per esempio semplicemente facendo login e controllando il blog o le altre eventuali novità del sito. VirtaPay promette 20 dollari al giorno (paradossalmente, qualcuno ha notato che se non si fa nulla e ci si collega al proprio account ogni due giorni e basta, automaticamente il totale sale di 40 dollari; se invece si partecipa a qualche attività i bonus accreditati sono inferiori).

Ma stiamo correndo: perché mai dunque questo servizio regalerebbe soldi? In teoria per due motivi: per attirare nuovi clienti e per avere un gran numero di beta tester, i cosiddetti “early bird users” che partecipando a sondaggi e altre attività, aiuterebbero in concreto lo sviluppo del sito. Una volta raggiunto un paio di milioni di utenti, si passerebbe all’apertura vera e propria.

Sempre teoricamente, attualmente il sito è in fase di scrittura del codice per le transazioni di beni digitali, quindi per la vendita di cose come mp3 ed ebook. Finora è stato invece solamente possibile inviare denaro (virtuale) da un utente all’altro, mentre non è possibile né acquistare beni fisici, né effettuare transazioni dalla moneta virtuale a quella reale del proprio conto in banca o di una carta di credito, come invece avviene in Paypal sia per prelievi che per depositi e pagamenti.

VirtaPay promette infine bonus di 10 dollari per ogni registrazione effettuata tramite appositi link di affiliazione, che riporteranno il nome dell’utente “referrer” (esempio: http://www.virtapay.com/r/djbatman). E in teoria l’attivazione di una carta di credito che permetterà di spendere i propri danari sin qui accumulati e/o di usare VirtaPay un po’ come usereste Paypal e carta di credito.

Fin qui tutto ok. Ora le dolenti note:

1) Quando il servizio si chiamava ancora Paybox, il sito era infarcito di link Google ed altri banner. Una delle accuse mosse al misterioso servizio era di voler costruire una immensa rete di utenti guadagnando nel frattempo con link e banner, per poi dichiarare fallimento alla prima occasione (e non pagare alcuno dei ricchi bonus promessi).

2) Onestamente, alcune delle iniziative sinora presentate nella fase di testing sono più che dubbie: il sondaggio per l’e-commerce, nebuloso e privo di sostanza (si trattava solo di cliccare su una mappa e indicare gli stati dove avreste voluto fare shopping); un altro sondaggio, anzi due, per la scelta del design di una carta di credito, pieno di design brutti e banali, spesso con immagini di cattiva qualità prelevate da chissà dove; oppure di qualità buona ma comunemente reperibili in librerie royalty-free. Perché mai perdere tempo e denaro in un inutile sondaggio del genere, se un vostro dipendente può fare lo stesso lavoro praticamente gratis e in pochi minuti usando una immagine generica presa da Wikimedia Commons o da un cd royalty-free?

3) Delle presunte carte di pagamento non si sa più nulla.

VirtaPay - History

4) (e questo è forse il fatto più grave) molti hanno fatto notare come, a leggere bene le condizioni del servizio, la “virtual currency” di VirtaPay è davvero “virtuale”: i dollari VirtaPay non sono necessariamente equivalenti ai dollari americani e il tasso di cambio è tutto da stabilire. In altre parole, alcuni utenti si ritrovano bonus di 10.000 dollari e potrebbero scoprire (se mai il servizio arriverà alla fantomatica fase inaugurale) che in realtà hanno in tasca solo pochi spiccioli “veri”. Gli 800 e passa dollari accumulati dal sottoscritto nell’arco di alcuni mesi facendo qualche login occasionale o votando per i bruttissimi design delle carte sono probabilmente pochi centesimi o – nel migliore dei casi – pochi dollari. Ammesso che mai diverrano utilizzabili in concreto.

VirtaPay - Balance

5) In Rete si parla molto di questo servizio ed alcuni ritengono che dietro ci siano personaggi già dediti ad attività di truffe telematiche con altri siti, in passato. Lo schema ricorda per esempio un fantomatico servizio di qualche anno fa (GreenZap) operato da tale Damon Westmoreland, personaggio legato alla truffa piramidale ThePayline.com.

6) Non ci sono in effetti informazioni sulla società che lo gestisce. Peggio: se si controlla il domain virtapay.com tramite WHOIS, si scopre che è stato usato (ufficialmente per motivi di “privacy”) il proxy www.whoisguard.com per la registrazione. In altre parole, neanche da lì si riesce a sapere chi ne sia il proprietario. In realtà, ci sono tracce lasciate dal vecchio PayBox.me: secondo http://dnsw.info/paybox.me portano a una società francese, per l’esattezza a uno studio legale specializzato in proprietà intellettuale (?) con sede a Guyancourt, cittadina della regione dell’Île-de-France.

7) Il nome originario (PayBox) sembrava scelto apposta per creare confusione: sin dal 1999 esiste in effetti in Europa un servizio per pagamenti via cellulare con questo nome e il sito www.paybox.at.

In conclusione: continueremo a monitorare VirtaPay e le notizie ad esso relative, anche se l’utente medio della Rete è avvisato: molto probabilmente esplorare il sito o postare link in caccia dei ricchi bonus annunciati non è tanto diverso da giocare con le banconote di carta del Monopoli… ;)

Pubblicato su: http://mytech.it/web/2011/04/20/da-payboxme-virtapay-innovazione-o-truffa/