Archivio dei testi con tag 'mytech.it'



Chuck D, Rick James & gli altri: musica digitale & cause milionarie

La distribuzione di mp3 è un’operazione di vendita o di licensing, dal punto di vista degli artisti? In un paio di importanti azioni legali, si gioca il futuro del sistema organizzativo imprenditoriale della musica

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Megaupload: le megastar a sostegno dei “pirati”?

Con un incredibile colpo di teatro, Megaupload presenta “Mega Song”: tra videoclip e spot, le star di Hollywood e della canzone supportano il servizio accusato di pirateria. Subito la prima contromossa, di Universal. Ma potrebbe essere un boomerang

La sorpresa in casa di MPAA e RIAA – le associazioni che raggruppano i grandi produttori cinematografici e musicali d’America – deve essere stata grande. Più di sorpresa forse dovremmo parlare di shock.

Già, perché a parlare in termini di aperto sostegno a Megaupload – il servizio da più parti accusato di violazioni di copyright, gestito dal losco personaggio che risponde al nome di Kim “Kimble” Schmitz – non sono blogger e utenti della rete, e neppure opinionisti e potenziali riformatori delle norme sul diritto d’autore come potrebbero essere gli esponenti del Partito Pirata svedese o tedesco.

Niente di tutto questo. A parlare, sono megastar di Hollywood e della musica. Personaggi pagati profumatamente nei rispettivi settori, e a loro volta catalizzatori di tanti successi, e quindi di proventi per le major. Continua…

SpotMeUp: musicisti gratis su Spotify (ma con l’inghippo)

Musicisti indipendenti attenzione: SpotMeUp non costa nulla ma… vuole le vostre royalty!

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Musica online: 11 previsioni, un anno dopo

A gennaio avevamo scherzosamente lanciato alcune previsioni sull’andamento del “circo” della musica online per il 2011: quante sono divenute realtà?

Pandora & Grooveshark: successi & grane legali per il mondo dello streaming

In contemporanea, mentre Pandora annuncia degli utili, Grooveshark viene citato in giudizio da Universal per una somma astronomica, con accuse molto pesanti. Eppure, non tutto è come sembra…

Se ci dovessimo fermare in superficie, le notizie degli ultimi due giorni riguardanti due nomi noti nel mondo della musica online in streaming potrebbero essere riassunte così: è il giorno del successo per Pandora e il momento più buio della breve storia di Grooveshark. Continua…

CD Baby: 200 milioni di dollari pagati agli indipendenti

Dalle umili origini ai fasti dell’era digitale: ancora un traguardo importante, per il più grande distributore di musica indipendente

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Megaupload & Perfect 10: vittoria per i troll del copyright?

Accordo tra la società di “Kimble” e lo strambo titolare di contenuti per soli adulti: una sconfitta per Megaupload, o più che altro una (rara) vittoria per Perfect 10?

Potrebbe essere un passo falso nonché un pericoloso precedente per Kim “Kimble” Schmitz e la sua creatura.

Con un accordo stragiudiziale, Megaupload sistema la causa con Perfect 10, ma mette una seria ipoteca sul proprio futuro, oltre a segnare un punto – forse neanche troppo meritato – a favore della casa produttrice di materiale per adulti, nota più per essere un “copyright troll” dal dubbio modus operandi che per le proprie pubblicazioni. Continua…

SIAE & trailer cinematografici: chiarimenti e riflessioni

Dopo la bufera dei giorni scorsi, chiarimenti e riflessioni sulla vicenda SIAE/trailer/YouTube e il pasticcio degli embed; con un consiglio: la SIAE potrà anche aver bisogno di ulteriore rinnovamento, ma non è certo chiusa al dialogo

SoundCloud, con ProTools il salto di qualità

La rapida ascesa di un sito musicale che è di fatto il nuovo standard per la rapida condivisione di materiale audio per musicisti e dj: e anche ProTools rende omaggio al successo di SoundCloud

Musica digitale: King Crimson contro Grooveshark

Sfida a distanza tra Grooveshark, servizio musicale emergente, e Robert Fripp dei King Crimson: una intricata storia di discografia & copyright

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Microsoft, addio a Zune (e per davvero)

Questa volta è tutto vero: finisce la corsa per l’anti-iPod di Microsoft, spazzato via dagli smartphone

Se ne parlava già dallo scorso mese di marzo di una possibile dismissione della linea di lettori multimediali di Microsoft: stavolta Zune chiude per davvero. Dopo una ulteriore ridda di voci e una rapida smentita, altrettanto rapida è stata la smentita-bis: i player Zune cesseranno davvero di essere prodotti.

Dopotutto, come già si disse mesi addietro, Microsoft è orientata a potenziare i Windows Phone; e il resto del mercato vede la sfida AppleAndroid (non a caso Google si era “pappata” Motorola Mobility lo scorso agosto).

Insomma in un momento in cui tablettelefoni che sono di fatto dei minicomputer la fanno da padrone – sfidandosi su vari fronti, dall’hardware alle app ai contenuti multimediali – un player che avrebbe potuto fare molta strada e forse essere l’anti-iPod, ma che di fatto era giunto sulla scena con 5 anni di ritardo nel 2006, cominciava ad apparire più che obsoleto.

Inizialmente sbeffeggiato per il suo aspetto poco attraente, per il colore marrone e persino per il nome (che suonava esattamente come un termine ebraico relativo al rapporto sessuale); in evidenza per il controverso lancio pubblicitario con tanto di immagini allusive, la sua prima incarnazione (nome in codice: Argo) era basata sul Gigaset S della Toshiba, società con cui Redmond si era per l’occasione alleata. Pur con tutte le modifiche del caso – ne esistono 4 “generazioni”, l’ultima datata 2009, diretta concorrente dell’iPod TouchZune non aveva mai sfondato. 

Una curiosità: chi scrive aveva notato mesi addietro uno strano trend; osservando dati relativi a streaming e download di alcuni artisti, sembrava che il Marketplace musicale dedicato a Zune stesse avendo più movimento di prima, nonostante le voci sullo stop alla commercializzazione.

Zune in declino e servizio online in ascesa? Pare proprio di sì; e questo perché ai suoi contenuti accedono anche utenti Xbox e Windows Phone; Microsoft deve aver certamente notato la tendenza. Il nome Zune continuerà almeno per ora a sopravvivere, associato appunto a software e servizi online come Zune Music Pass.

[Pubblicato su Mytech http://mytech.it/web/2011/10/05/microsoft-addio-zune-e-davvero/]

Partito Pirata quasi al 9%: a Berlino un risultato storico

La formazione politica che nella originale versione svedese ha già raggiunto il Parlamento Europeo, va oltre le aspettative in Germania

Un successo clamoroso, anche meglio di quello svedese: a Berlino il Piratenpartei, versione tedesca del “Partito Pirata” presente in diversi paesi del mondo, si aspettava un buon risultato: magari la fatidica soglia del 5%.

Invece è arrivato ben oltre, toccando l’8,9%. In una tornata elettorale che per i grandi organi di stampa vede innanzitutto una ennesima sconfitta per Angela Merkel, anche se i socialdemocratici della Spd perdono qualche punto, quello dei “pirati” è sicuramente il risultato più clamoroso.

Tiene la Cdu ma sono pesantemente sconfitti i Liberali del Fpd alleati della Merkel, che non ottengono seggi e quasi spariscono, crescono i Verdi che sembrano catturare i voti in uscita dalla Spd e si candidano a essere alleati naturali di questo partito; con il loro exploit i Pirati si collocano però tra i principali partiti, al quinto posto per l’esattezza: molto vicini alla Linke, formazione di sinistra finora alleata con la Spd. Gli attivisti del Piratenpartiet, partiti da tematiche come copyright, filesharing, censura, protezione dei dati, sono riusciti a catturare in particolare l’elettorato giovane – proprio come in Svezia un paio d’anni addietro – mostrandosi attenti anche ad altre tematiche sociali.

Anche se non è garantito che un simile scenario si potrebbe replicare a breve a livello nazionale – alcuni sondaggi per esempio parlano di una possibile ondata euroscettica che potrebbe votare in massa per un eventuale nuovo partito di stampo conservatore – quello berlinese è un risultato clamoroso e un campanello d’allarme per i partiti tradizionali: i cittadini europei sono sempre più attenti alle nuove tematiche e chiedono un “aggiornamento” in tal senso anche alla classe politica.

[Pubblicato da Mytech]

Estensione di copyright in Europa: il pasticcio continua

L’Unione Europea allunga la vita del copyright per le registrazioni discografiche: salvi i master dei Beatles; luci e ombre del provvedimento

La Gran Bretagna – che pure avrebbe interessi discografici forti – aveva speso fiori di quattrini per commissionare studi e dire no, dopo vari cambi di schieramento. Tutto era fermo dal 2009. Il parlamentare europeo del Piratpartiet svedese Christian Engström aveva di recente cercato di bloccare un colpo di mano dei lobbysti pro-estensione. Invece all’improvviso, l’Unione Europea ha approvato una direttiva per portare il copyright sulle registrazioni discografiche da 50 a 70 anni.

Il tutto mentre in America si discute per anticipare la tutela federale del copyright proprio sullo stesso settore e quindi forse rivedere alcune parti della attuale legislazione; sembra abbastanza bizzarro che si sia verificato tutto questo, all’improvviso e senza un dibattito.

Qualcuno suggeriva anzi che essendo nel frattempo cambiato il Parlamento in seguito alle ultime elezioni, la procedura sarebbe dovuta ripartire da zero, cancellando la decisione di due anni fa che invece ieri ha fatto un passo avanti con l’approvazione della direttiva.

L’accelerazione sembra avere solo un motivo: le prime registrazioni dei Beatles, quelle fatte in Germania nel 1961 con Tony Sheridan e sotto l’egida di Bert Kaempfert, all’epoca produttore e talent scout per la Polydor, entreranno nel pubblico dominio come master il 1° gennaio 2012. In mancanza di una estensione, da allora e nello spazio di pochi anni, intere discografie sulle quali tuttora si regge l’industria delle major classiche del disco sarebbero diventate ripubblicabili a costi contenuti da una miriade di “budget label”, semplicemente pagando i costi della SIAE o delle sue consociate estere.

L’Europa bissa così in un certo senso i contenuti della legge americana, senza arrivare agli eccessi dei 95 anni ventilati anni fa da qualcuno, né a quelli del copyright “eterno” che sembra risultare dal caso Capitol v. Naxos di qualche anno addietro (anche quello essenzialmente messo su per tutelare i master di Beatles & co. possibilmente senza fine).

Gli stati hanno ora due anni di tempo per ratificarla. Qualcuno – come Abba, Mick Jagger e U2 – canta già vittoria. Jim Killock di Open Rights Group parla di “disastro culturale” e riferisce che gli studi mostrano che il 90% delle somme verrebbe incamerato dalle label.

Vanno però fatte alcune riflessioni:

1) riusciranno paesi come Gran Bretagna e Italia, i cui governi hanno al momento problemi più seri da affrontare dell’estensione del copyright – di cui beneficerebbero essenzialmente un pugno di società e forse solo qualcuno degli interpreti – ad approvare nel giro di meno di tre mesi la suddetta ratifica, prima che qualcuno cominci a ripubblicare il materiale del 1961?

2) come nota un commentatore sul blog di Christian Engström, del Partito Pirata svedese: “Se scopro una cura per il cancro, posso ottenere un brevetto sulla mia invenzione ed essere tutelato per 20 anni. Ci vuole una piccola fortuna per ottenere il brevetto – specialmente se voglio essere tutelato in tutto il mondo – e bisogna scrivere e inviare tonnellate di documentazione. Se prendo un microfono e canto una canzone, quella registrazione è ora automaticamente protetta per 70 anni, a livello globale, senza alcun costo o sforzo”.

3) Che succederà quindi alle label che hanno già stampato materiale più vecchio di 50 anni (ma che non ha ancora raggiunto i 70 dalla prima pubblicazione)? In altre parole, per fare un esempio pratico (ma ce ne potrebbero essere una miriade così) quella stessa EMI che beneficerebbe dell’estensione per i master dei Beatles potrebbe ritrovarsi citata in giudizio per aver sfruttato in Europa master di altri artisti che in origine non erano suoi, ma che in Europa erano divenuti di pubblico dominio nel 2005? La direttiva sarà pienamente retroattiva o no?

Se quindi una parte importante dell’industria musicale sembra salutare con favore questa mossa, a chi scrive sembra che ci siano tutte le premesse per ingarbugliare ulteriormente una situazione già complessa, in un settore che avrebbe bisogno di chiarezza, semplificazione e di una boccata di ossigeno per un mercato – in particolare quello dei supporti fisici – agonizzante da oltre un decennio.

[Pubblicato da Mytech]

Understanding 9/11: dieci anni dopo, la memoria è su Internet Archive

Rinnovata da qualche tempo una sezione speciale dell’Internet Archive: la Rete continua a preservare la memoria dell’11 Settembre

Dieci anni fa, il mondo si trovò improvvisamente cambiato, precipitato di colpo nella paura e nello sgomento dai tanto assurdi quanto tragici attacchi terroristici che l’11 settembre 2001 colpirono gli Stati Uniti.

Di quei momenti e di quello che seguì stiamo ancora vivendo le conseguenze: paesi come l’Afghanistan dove ancora si combatte; un allarme verso il terrorismo mai sopito, controlli e limitazioni alle libertà individuali (online e non solo) tuttora presenti.

Sembra ieri, eppure è già storia: e Internet sin da allora è stato uno spazio dove discutere, pubblicare informazioni, cercare la verità (o per qualcuno proporre fantasiose teorie cospirazioniste); e soprattutto, preservare la memoria.

Internet Archive ha avuto per molti anni materiali sull’argomento. La sua Wayback Machine era ed è uno strumento per conservare pagine web che i posteri continueranno a visionare e a studiare in futuro. Documenti come le prime pagine di siti come CNN.com, per esempio, risalenti a quelle ore.

C’era da aspettarsi una rinfrescata ai materiali disponibili, soprattutto visto che essendo passati diversi anni, si possono avere file a bitrate migliori, per i documenti audio e video. Così ecco il lancio di Understanding 9/11 – A Television News Archive, ricco archivio con 3000 ore di trasmissioni televisive andate in onda nell’arco di 7 giorni, su 20 canali internazionali. Lo stesso Brewster Kahle, anima di Internet Archive, ha presentato il 24 agosto scorso il progetto nel corso di una conferenza.

Una prima versione di questa raccolta era comparsa già nell’ottobre 2001 come Televisionarchive.org; la collezione era stata ristrutturata in una versione tuttora visibile su Archive.org, nel 2007; quella attuale è quindi la terza versione.

Nonostante queste immagini ci siano passate davanti agli occhi centinaia di volte, è impressionante per chi ha vissuto quegli attimi, rivivere quei momenti, con tanto di dirette televisive “normali” e tagliate da improvvise e scioccanti “Breaking News”.

Internet Archive dispone tra l’altro di un altro documento notevole su quel giorno: una raccolta di registrazioni delle comunicazioni radio dei pompieri newyorkesi, rese pubbliche nel 2005. Un altro reperto unico, che continuerà ad essere tra i documenti più importanti che l’archivio ha reso disponibile al mondo intero.

[Pubblicato da Mytech]

Music Beta by Google: arriva Magnifier, con altra musica gratis

Continua la graduale espansione del locker musicale di Google, con il lancio di un blog e nuove “iniezioni” di musica gratis

Si chiama Magnifier (“lente d’ingrandimento”) ed è una sorta di blog musicale: è un estensione di quel Music Beta by Google che rappresenta l’offerta di musica in streaming – e di locker per file musicali – di Mountain View.

Attivo dall’11 agosto anche se non particolarmente promosso o evidenziato da Google stesso (ma ora segnalato ai fortunati che già possono collegarsi al proprio locker) è sia un modo per conoscere nuova musica grazie a brevi post con segnalazioni e recensioni, che per arricchire la propria collezione con tracce aggiungibili gratis al proprio account. Con un solo clic ci si può aggiudicare la “Song of the day” oppure una intera raccolta di brani gratuiti di questo o quel genere. Nella sezione “Antenna” invece viene presentato l’artista della settimana, di cui si offrono generalmente due o tre brani. Con un secondo clic sullo stesso pulsante (che nel frattempo si è trasformato in un “Listen”) si passa dall’aggiunta all’ascolto immediato dei pezzi.

Insomma niente di rivoluzionario ma sicuramente un bonus gradevole e ben fatto, che se non altro caratterizza in maniera ancor più netta il servizio rispetto all’iCloud di Apple e alla “scatola vuota” di Amazon, che sembra restare al palo…

 

[Pubblicato da Mytech]