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Beatport chiude streaming, app e altri servizi

Continua la moria di servizi di streaming, iniziata nel novembre 2015 con la chiusura di Rdio e la cessione a Pandora di quel che ne restava.
Continuano a esserci un po’ troppi concorrenti in un mercato saturato da Spotify e in cui fa fatica a inserirsi persino Apple Music.
Fa però un po’ sorridere questa notizia (che leggiamo in un messaggio del distributore digitale Feiyr.com):

Sadly, Beatport will be shutting down its streaming service, its mobile app, Beatport News, the Video livestreaming platform and the Events section on May 13, 2016 in an effort to refocus its attention to its flagship business, the Beatport Store.

C’era una volta Robert Sillerman che tramite la sua società CKX qualche anno fa possedeva di tutto e di più, inclusi marchi e diritti di nomi come American Idol, Elvis Presley e Muhammad Ali; con SFX Entertainment aveva cercato di creare un “polo” dedicato alla musica dance ed elettronica, di cui per sua stessa ammissione non sembrava capire molto e nel 2013 aveva acquistato Beatport per ben 50 milioni di dollari.
Sillerman ha più volte creato dei gruppi (per esempio nel mondo della radiofonia) acquisendo varie società e fondendole per poi cederle. A quanto pare, però, il suo tocco magico sembra scomparso e dopo una serie di cessioni e disastri finanziari assortiti, SFX si è trovata indebitata e sull’orlo del fallimento, costretta al Chapter 11 (molto simile alla nostra amministrazione controllata).

Poco più di tre anni dopo l’acquisizione, a fine marzo 2016, Beatport è stata posta in vendita.
Curiosamente, qualcuno parlava del suo servizio di streaming come qualcosa che potesse far gola a potenziali acquirenti. Invece, è il primo tassello a essere eliminato.

Siamo onesti: streaming? Video? Su Beatport? E chi li ha mai visti?
Il popolare store – molto noto tra i dj e in generale nel mondo della dance e dell’elettronica, nonostante questo status di “biglietto da visita” nel settore (se non sei su Beatport non sei nessuno, in certi generi musicali) non sembra avere mai sfondato in generale.
Di alcuni suoi servizi, poi, molte persone – incluso il sottoscritto – probabilmente hanno sentito parlare solo ora. Al momento della chiusura…

YouTube cambia: arriva la versione premium

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Il messaggio che segue è arrivato nella serata dell’8 aprile ai partner-gestori di canali YouTube: l’e-mail aveva per oggetto “Termini aggiornati per i partner di YouTube“; in pratica, si annunciano non solo cambiamenti nei termini di servizio, ma l’arrivo ufficiale di una versione “premium”, senza pubblicità, per gli utenti.
E quindi – potenzialmente – una nuova fonte di introiti per i partner, da un’utenza che cresce anche nei dispositivi mobili e che molto probabilmente apprezzerà la possibilità di risparmiarsi i fastidiosi annunci al lancio di un video o in sovraimpressione…
Il tutto oltre alla “Music Key” già esistente, che mira a far concorrenza diretta al leader dello streaming musicale a pagamento, Spotify, e a spiazzare i nuovi ingressi come Tidal, rebranding del semisconosciuto WiMP.


Gentile partner di YouTube,

I tuoi fan vogliono scelta. Non soltanto vogliono guardare quello che vogliono, quando e dove vogliono su qualsiasi dispositivo, ma desiderano anche funzioni di YouTube progettate appositamente per loro. Negli ultimi mesi abbiamo fatto enormi passi avanti per dare vita a queste esperienze. Da quando abbiamo invitato alcune centinaia di migliaia di fan a provare la versione beta di YouTube Music Key, abbiamo registrato un grande coinvolgimento. Ha riscosso altrettanto successo anche la nostra nuova app YouTube Kids, progettata per offrire alle famiglie un’esperienza di intrattenimento sicura e che ha già superato 2 milioni di installazioni in meno di un mese.

Vogliamo continuare questo momento positivo facendo un altro grande passo verso una maggiore possibilità di scelta: intendiamo offrire ai fan una versione senza annunci di YouTube dietro pagamento di una quota mensile. La creazione di un nuovo servizio in abbonamento ci permetterà di generare una nuova fonte di entrate che andrà a integrare le tue entrate pubblicitarie in continua crescita.

Quale sarà il prossimo passo?

Con il lancio di un nuovo servizio dovremo aggiornare i nostri termini tramite la Dashboard di Creator Studio, una procedura che dovrebbe essere familiare a chi ne ha già affrontato una simile tre anni fa, quando abbiamo iniziato a distribuire e a monetizzare i contenuti degli utenti sui dispositivi mobili. Oggi, le visualizzazioni da dispositivi mobili rappresentano più della metà del tempo di visualizzazione complessivo e le entrate da dispositivi mobili sono cresciute del 200% lo scorso anno. Così come accaduto per i dispositivi mobili, siamo sicuri che l’ultimo aggiornamento piacerà ai tuoi fan e genererà una fonte aggiuntiva di entrate finora non sfruttata. Cerca la nostra notifica, leggila e facci conoscere la tua opinione.

Questo è un anno emozionante per YouTube perché ci stiamo spingendo in territori inesplorati. Continuiamo però ad essere guidati dal desiderio di offrire ai fan ciò che desiderano e dare a te la possibilità di ottenere le entrate di cui hai bisogno. Collaborando a stretto contatto siamo certi che questo percorso ci porterà al successo.

Il team di YouTube

Spotify, SoundExchange, royalty & articoli fuorvianti

Non è certo la prima volta e non sarà neppure l’ultima: lo scorso 3 aprile Digital Music News ha pubblicato un articolo nel quale un artista indipendente snocciola cifre, per mostrare quanto misere siano le proprie royalty e chiedere essenzialmente “dove vanno a finire i soldi”.
Sotto il titolo a effetto “I’m a Grammy Nominated Artist. Want to See My Royalty Statements?” (scelto dal gestore del sito, il post originale aveva un titolo ben diverso…) l’artista Armen Chakmakian pubblica due tabelle: una con diritti di pubblica esecuzione percepiti tramite la BMI (una delle “SIAE” americane); e un’altra con introiti relativi ai diritti connessi su canali digitali, percepiti tramite SoundExchange. Continua…

SpotMeUp: musicisti gratis su Spotify (ma con l’inghippo)

Musicisti indipendenti attenzione: SpotMeUp non costa nulla ma… vuole le vostre royalty!

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Pandora & Grooveshark: successi & grane legali per il mondo dello streaming

In contemporanea, mentre Pandora annuncia degli utili, Grooveshark viene citato in giudizio da Universal per una somma astronomica, con accuse molto pesanti. Eppure, non tutto è come sembra…

Se ci dovessimo fermare in superficie, le notizie degli ultimi due giorni riguardanti due nomi noti nel mondo della musica online in streaming potrebbero essere riassunte così: è il giorno del successo per Pandora e il momento più buio della breve storia di Grooveshark. Continua…

Musica digitale: King Crimson contro Grooveshark

Sfida a distanza tra Grooveshark, servizio musicale emergente, e Robert Fripp dei King Crimson: una intricata storia di discografia & copyright

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Music Beta by Google: arriva Magnifier, con altra musica gratis

Continua la graduale espansione del locker musicale di Google, con il lancio di un blog e nuove “iniezioni” di musica gratis

Si chiama Magnifier (“lente d’ingrandimento”) ed è una sorta di blog musicale: è un estensione di quel Music Beta by Google che rappresenta l’offerta di musica in streaming – e di locker per file musicali – di Mountain View.

Attivo dall’11 agosto anche se non particolarmente promosso o evidenziato da Google stesso (ma ora segnalato ai fortunati che già possono collegarsi al proprio locker) è sia un modo per conoscere nuova musica grazie a brevi post con segnalazioni e recensioni, che per arricchire la propria collezione con tracce aggiungibili gratis al proprio account. Con un solo clic ci si può aggiudicare la “Song of the day” oppure una intera raccolta di brani gratuiti di questo o quel genere. Nella sezione “Antenna” invece viene presentato l’artista della settimana, di cui si offrono generalmente due o tre brani. Con un secondo clic sullo stesso pulsante (che nel frattempo si è trasformato in un “Listen”) si passa dall’aggiunta all’ascolto immediato dei pezzi.

Insomma niente di rivoluzionario ma sicuramente un bonus gradevole e ben fatto, che se non altro caratterizza in maniera ancor più netta il servizio rispetto all’iCloud di Apple e alla “scatola vuota” di Amazon, che sembra restare al palo…

 

[Pubblicato da Mytech]

Turntable.fm: musica, social network e un’incredibile operazione di riciclaggio

ovvero: Come passare da un sito e app che permette di “giocare” e organizzare promozioni usando i codici a barre dei prodotti, a un incrocio tra una chat “social” e un concorrente di Spotify…

Continua…

L’ascesa di Spotify, le mosse di Music Beta by Google

Spotify è finalmente attivo in USA: e punta a 50 milioni di utenti. Intanto Google non sta a guardare…

Le grandi manovre che potrebbero cambiare la faccia del “circo” della musica online continuano: Spotify, come ampiamente annunciato, è finalmente sbarcato negli Stati Uniti.

E i primi dati sono incoraggianti. Il noto servizio di streaming, che ha già all’attivo una discreta popolarità e 10 milioni di utenti in alcuni paesi europei, punta ad aggiungere la ragguardevole cifra di ben 50 milioni (!) di utenti statunitensi entro fine anno; ciò può sembrare un obiettivo fin troppo ambizioso. Ma d’altro canto, il fondatore Daniel Ek sembra fiducioso e anzi dichiara a CNN che le limitazioni (la necessità di ricevere un “invito” per entrare nel servizio) sono state implementate proprio per avere una crescita graduale e non “crollare” sotto il peso di troppi nuovi iscritti tutti insieme.

Un altro obiettivo decisamente ambizioso? Rendere disponibile tutta la musica registrata esistente al mondo: non solo i cataloghi delle major d’occidente quindi, ma musica asiatica, africana, sudamericana e via dicendo.

Con 15 milioni di brani in tasca, Spotify è sulla buona strada e – come abbiamo detto in altre occasioni – si candida ad essere il vero “juke-box celestiale” che la Rete attende da sin troppo tempo.

Ma uno dei principali (potenziali) concorrenti non sta a guardare: si tratta di quel Music Beta by Google nato in fretta e furia e quasi in contemporanea a iniziative simili di Apple ed Amazon. Se tutti questi servizi hanno in comune l’idea della “cloud“, della nuvola dove immagazzinare qualcosa e a cui accedere, piuttosto che avere i file sempre presenti sui propri apparecchi, va detto che la differenza principale è che le “nuvole” di Amazon e Google erano state lanciate senza permesso da parte dei detentori di diritti e quindi senza contenuto, proprio come “scatole vuote” da riempire coi propri file. Diversamente da quanto poi annunciato da Apple, e ovviamente anche dal vasto repertorio in streaming licenziato da Spotify. Google, però, sta da qualche tempo “riempiendo la scatola”. Non solo: di fatto è aperto anche a utenti nostrani. Anche se tuttora chi si reca su music.google.com trova un messaggio che riferisce che il servizio è limitato agli USA, chi aveva mesi fa richiesto un invito si è trovato ad avere accesso al servizio musicale di Mountain View.

Sorpresa: al primo accesso si possono selezionare i generi musicali preferiti (potete anche selezionarli tutti…) e ricevere brani ascoltabili gratis. Generalmente non si tratta di album completi ma di uno o più brani estratti da un disco. Il repertorio è però limitato: tutti questi brani arrivano da etichette indipendenti riconducibili all’aggregatore IODA, o da un’unica major: Sony. Come dire: qualcosa è stato fatto ma il grosso manca ancora all’appello.

L’upload dei propri brani già in proprio possesso lascia a desiderare: chi scrive è riuscito a caricare diverse centinaia di mp3 nel proprio account; allo stesso tempo ha ricevuto molti messaggi d’errore per file che Google ha incluso nella ricerca ma che non è riuscito a caricare (in alcuni casi, file protetti da DRM, ma anche semplici mp3 non protetti).

Insomma, di lavoro da fare ce n’é ancora molto, anche se qualcosa si è mosso a Mountain View; in attesa di vedere all’opera l’iCloud di Apple, solo Amazon resta al palo.

[Pubblicato da Mytech]

Spotify: finalmente in USA

Con almeno un anno di ritardo, ecco l’attesissima notizia: Spotify arriva in USA. Resa dei conti nel circo della musica online?

Di sicuro, la seconda metà del 2011 non sarà noiosa per i frequentatori del “circo” della musica digitale.

Mentre Apple, Google e Amazon lanciano le proprie “nuvole“, Spotify – re della musica in streaming – finalmente sbarca in USA.

Questo significa diverse cose: un potenziale canale di danaro fresco per etichette e artisti; un “jukebox celestiale” per gli utenti (Spotify è il servizio che più sembra avvicinarsi a questa idea; e la rilancia citando nella propria pagina dedicata al lancio in USA una definizione pubblicata nel 2009 dalla rivista Time) a costi contenuti o persino gratis.

Infine, un temibile concorrente che – oltre a poter essere l’unica vera minaccia per lo strapotere di Apple – siamo certi non mancherà di dare il colpo di grazia a qualche sito o servizio che stancamente si trascina da anni (Napster, Rhapsody, Medianet e altri ancora).

Al 12 giugno, a Spotify mancava solo il repertorio Warner per avere in tasca i cataloghi delle quattro major, a disposizione del pubblico americano. Con 10 milioni di utenti in Europa (dati di fine 2010) e 1 milione di abbonati paganti nel vecchio continente a marzo 2011, Spotify finalmente compie il grande salto verso il mercato più importante per la musica.

La data definitiva non è stata annunciata, ma stavolta sembra davvero la volta buona: il jukebox universale è in arrivo; la resa dei conti nel mondo dell’mp3, pure…

(Si ringrazia Nicola D’Agostino per la collaborazione)

[Pubblicato su Mytech]

Bluebeat risarcisce EMI: no alla simulazione psicoacustica

Un bizzarro caso di copyright del 2009 si chiude, almeno in parte: EMI risarcita da Bluebeat per i brani dei Beatles

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KKBox, il “freemium” musicale asiatico che guadagna

Non solo Spotify: in Asia c’è un servizio musicale molto simile che sta facendo il pieno di utenti (e di abbonati paganti); somiglianze & differenze con il “cugino” svedese

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Spotify, il modello è sostenibile: garantisce Universal

Spotify sarà davvero uno degli strumenti più diffusi per ascoltare musica e una delle principali fonti di guadagno per i discografici, nel prossimo futuro? La principale major del disco pensa di sì.

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Qtrax: qualcuno gli stacchi la spina, per favore

Cinque anni di bluff e false partenze: forse sarebbe ora di calare il sipario sulla vicenda del dubbio servizio musicale Qtrax. Eppure c’è chi ancora la pensa diversamente… Continua…

Beatles in digitale: EMI contro BlueBeat, esce la “Mela” USB

Ancora nulla per iTunes, ma una ricca (e particolarissima) chiave USB per i Beatles, mentre BlueBeat.com tenta di vendere il loro repertorio senza permesso. Continua…