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File under ‘bullshit’: UltraViolet (e boiate di Repubblica.it)

La fantomatica tecnologia UltraViolet, un’accozzaglia di ben cinque (!?) tipi di diversi sistemi di protezione, quelle cose impropriamente note come “Digital Rights Management“, è una tecnologia per “cloud storing” destinata a sparire senza mai essere implementata seriamente e che – pur avendo il supporto di una cinquantina di società tra major del cinema, provider e altri nomi dell’alta tecnologia, da Nokia a Sony, di fatto non è supportata da due nomi chiave, Apple e Disney.

In pratica, secondo il DECE (Digital Entertainment Content Ecosystem) , il consorzio di società che sviluppano e supportano questo sistema, in un futuro prossimo avremo a disposizione l’accesso a un “diritto” permanente alla visione di un film, per esempio. E ciò al di là del formato o della periferica disponibile.

Un po’ come dire: hai pagato una volta, per te e la tua famiglia, per vedere questo film. Lo potrai rivedere – sempre nell’ambito del nucleo familiare – su computer, tablet, player portatili, tv e altro ancora, a vita e se occorre scaricandolo in formati diversi.
Un “locker” che anziché conservare file multimediali racchiude in pratica le licenze che ci consentono di accedere in una varietà di formati e situazioni al materiale che abbiamo acquistato.
L’idea non sarebbe di per sé malvagia ma la (non casuale, visto che l’azionista di riferimento è lo stesso…) sinergia di due leader come Apple e Disney per boicottarla e sviluppare un proprio sistema di Video on Demand, Keychest (annunciato sin dal 2009 e anch’esso di dubbia fattibilità), unita alla macchinosità del sistema, non lascia sperare troppo.

Bonus: se avete letto in merito l’articolo di Repubblica.it del 17 marzo, merita una segnalazione questa “perla”.
“Rispetto ad altre soluzioni avanzate in passato (una su tutte il PayForSure proposto nel 2004 da Microsoft)”… vogliamo ovviamente sperare in un banale refuso dovuto alla fretta.

Il “PayForSure” (lapsus freudiano? ;)) non esiste, si intendeva “PlaysForSure“, una risibile “certificazione” targata Microsoft che – a dispetto del nome – non veniva usata nemmeno dalla stessa casa produttrice…