There.com: quando i mondi (virtuali) muoiono



Scompare il mondo virtuale creato da Will Harvey prima di IMVU. E parallelamente, uno spinoff della stessa società passa in mano a una nota società che lavora per Governo e militari USA

Per citare Bruce Sterling su Wired, qualche tempo fa: “Una delle molte cose belle degli ex-‘new media’ è che, invece di chiudere una serie TV o un ciclo cinematografico, potete cancellare un intero mondo”.

E’ quello che è successo a There.com, storico “mondo virtuale” in auge fin dal 2003 (dopo una lunga gestazione iniziata fin dal 1998), partito quasi assieme a Second Life e oltre un anno prima di IMVU. “There is no There there”, dice Sterling riportando un gioco di parole intraducibile, circolato con diverse varianti in Rete.

There.com è stato tra i pionieri dei “virtual worlds” e uno dei suoi due papà è lo stesso Will Harvey di IMVU (l’altro “genitore” è Jeffrey Ventrella, poi in forza a Linden Lab). Harvey era peraltro un genietto: appena quindicenne, sfornava Music Construction Set, storico programma musicale per Apple II (successivamente trasportato da Electronic Arts in una marea di altri sistemi tra cui il Commodore 64).

There.com era in un certo senso ormai superato: gli avatar non erano al livello di quelli di altri “mondi” della concorrenza. Eppure una sparizione così importante (e per ora non si sa nulla di un eventuale acquisto da parte di altri soggetti e magari di un rilancio e/o della portabilità degli accessori esistenti verso altri sistemi) è un piccolo grande dramma, nel ciberspazio.

Per chi abita il mondo che sta tra una tastiera e l’altra, lo spazio di pixel che vaga tra schede grafiche, server, hard-disk e linee telefoniche è come descrivere l’improvvisa morte di un pianeta, disintegrato con tutti i suoi abitanti umani e non, con le sue città e i suoi molti, colorati (non) luoghi.

Gli affari di There Inc., Forterra & Makena

A dirla tutta, nel mondo reale, There Inc. non se l’è mai cavata troppo bene: già nel 2004 effettuava una ristrutturazione e licenziava gente. L’anno dopo lo spinoff: There Inc. diventava Forterra Systems, per dedicarsi ad applicazioni di altro livello; sempre mondi virtuali ma per uso governativo e militare. E There.com sopravviveva, ma affidato a una “costola” appositamente staccata da Forterra, Makena Technologies. Poi l’aspetto “social” (ThereConnect) e un instant messenger (ThereIM) per tenersi in contatto anche fuori dal mondo 3d.

Uno dei punti controversi era la presenza di marchi famosi in There.com: quello che da un punto di vista “corporate” è un sicuro punto di forza (accordi con nomi come Coca Cola e Paramount Studios, che avevano presenze di qualche tipo nel mondo 3d) può essere invece malvisto da alcuni utenti; una sorta di elemento estraneo, di disturbo in un mondo “loro”, dove peraltro si comprano e vendono prodotti, ma dove questi arrivano normalmente da sviluppatori indipendenti (spesso “casalinghi”, l’unica multinazionale del ciberspazio 3d è la cinese Anshe Chung) e non da megacorporazioni “terrestri”.

Il maggior successo di Makena, in un certo senso, non era There.com, ma la fornitura di tecnologia a MTV Networks per le sue varie operazioni virtuali (virtual.mtv.com). Peraltro un qualcosa che già appariva datato quando comparve, una specie di tardivo tentativo di MTV di buttarsi su qualcosa non del tutto compresa dalla proprietà. L’attività di Virtual MTV e la collaborazione con Makena sono andate avanti dal 2006 al 2009. Ma questa è un’altra storia.

Come in altri mondi analoghi, in There.com esisteva una economia basata su una moneta virtuale: i ThereBucks (T$). Una delle conseguenze della fine di questo servizio è un programma di “buyback” dei ThereBucks da parte della casa madre nei confronti degli sviluppatori. Se non altro, una magra consolazione per l’aspetto puramente economico. Repentino il finale: se l’annuncio della chiusura è stato dato il 2 marzo (a firma del CEO Michael Wilson), una settimana dopo, come previsto, era già tutto finito. Qualcuno potrebbe però anche prendersi la briga di aggiornare il sito web, che invece è ancora lì, come se nulla fosse accaduto.

Il futuro di Makena & Forterra

There.com muore, o meglio una sua copia finirà “ibernata” in un posto sicuro. Chissà se qualcuno mai andrà a riattivarla. Makena invece continuerà, con misteriosi “progetti educativi” a cui si accenna nelle FAQ, ma di cui per ora non si sa altro.

E ora l’elemento sospetto di tutta la storia: Makena ha annunciato la chiusura di There il 2 marzo. Il giorno precedente, Forterra era di fatto passata di mano. O meglio il suo sistema OLIVE (Online Interactive Virtual Environment), con tutto il personale addetto, era stato ceduto a SAIC (Science Applications International Corp.). Ora, Forterra – che da qualche tempo era in difficoltà economiche e su cui si vociferava di una possibile cessione a una società che operava nel settore della difesa (www.virtualworldsnews.com/2010/01/forterra-systems-lays-off-half-of-workforce.html) – già lavorava per il Governo e i militari; questo passaggio non farà altro che accentuare la tendenza: SAIC sta di fatto già integrando la propria clientela (difesa, intelligence) e la tecnologia OLIVE, che di fatto serve per mondi virtuali privati, utlizzati da società per il training dei propri dipendenti o per meeting online (in OLIVE vengono ricreati luoghi esistenti nella realtà) o dai militari per simulazioni e addestramento.

Nelle citate FAQ di There.com, si nega che la fine del mondo virtuale sia collegata all’operazione Forterra/SAIC. Le due società erano state del tutto separate, dopotutto. Eppure la spiegazione non convince. Due società partite insieme e fino a poco tempo addietro ancora legate a livello societario e da accordi di licenza sono entrambe in difficoltà: la “bad company” There.com viene liquidata. Gli asset “buoni” come OLIVE vengono monetizzati e ceduti a chi ne ha interesse. Tutto sembra quadrare, e i proprietari si tirano fuori da due bei pasticci.

Requiem per un mondo virtuale

Con There.com scompare un intero universo digitale, e per molti utenti assidui il trauma si ripercuoterà nel mondo fisico: amicizie (forse anche amori?) verranno interrotte. Molte per sempre. Non ci si potrà più ritrovare insieme in determinati (non) luoghi digitali per giocare, chiacchierare e via dicendo.

Il pensiero va a due categorie: i developer, privati nel giro di pochi giorni, quasi senza preavviso, della loro fonte di sostentamento. E quegli utenti assidui per i quali la scomparsa di un universo virtuale rischia di portare a una crisi di nervi più che reale… qualcuno il trauma non lo supererà tanto facilmente. Per tutti gli altri – sviluppatori di professione o soltanto nostalgici della vita virtuale – non resta che fare idealmente le valigie. IMVU sembra la destinazione perfetta per rifarsi una vita. Rigorosamente di pixel.

[Pubblicato su Mytech]