Google compra Rightsflow: i retroscena



Che se ne fa un colosso come Google di una piccola società come Rightsflow, Inc.?

Con base a New York, nata da una costola di eMusic nel 2007, questa società fornisce servizi piuttosto specifici ad operatori del mercato musicale online.
In pratica, permette di fare da ponte tra siti (ed altri operatori) ed editori musicali, un po’ come una “SIAE” del terzo millennio.

Attività interessantissima ed economicamente rilevante, ma di fatto nota solo agli addetti ai lavori.
Non è un caso che Rightsflow si sia formata con un pezzo importante del vecchio team di eMusic, che per primo aveva messo in piedi un ottimo ufficio royalty che intratteneva rapporti direttamente anche con gli editori. In quell’ufficio operava una tale Cheryl Bobiy, oggi Breindel, oggi uno dei punti di forza di Royaltyshare, società che opera in un settore analogo a quello di Rightsflow ma in realtà sconfina in attività di management dei repertori digitali online, sia per la musica che per i libri.

Insomma, due società altamente innovative nella gestione delle royalty digitali derivano da quell’ufficio di eMusic.

Torniamo a bomba. Perché mai dunque Google vorrebbe mettersi in tasca un gioiellino del genere, e quale potrebbe esserne l’utilizzo pratico?
Chi scrive è anche editore musicale. In America, licenziare un brano per la pubblicazione su supporto fisico o l’utilizzo online non richiede sempre una licenza come quella SIAE. Ci si può rivolgere alla Harry Fox Agency e stipulare una licenza tramite Songfile; ma ci sono anche utilizzi per i quali basta avvertire il titolare – l’editore musicale – che non può rifiutarsi di concedere la licenza obbligatoria.
Dopo tale notifica, l’unico obbligo è poi quello di corrispondere regolarmente le royalty, in seguito.

Rightsflow fornisce anche un sistema per i privati, analogo a quello di Songfile, per certi versi. Si chiama Limelight ed è utilizzato anche da un nome notissimo come CD Baby, che lo consiglia ai propri utenti.

Qualche settimana addietro, il sottoscritto, che non aveva mai avuto alcun contatto con Rightsflow, si è trovato nella posta una busta con il logo di questa compagnia. Dentro, una richiesta per l’utilizzo di un brano poco noto.
La richiesta era effettuata per conto di un cliente importante: Google, nella persona del CEO Larry Page.
In pratica, era il segnale dell’espansione e del lancio vero e proprio di Google Music.

Inviare le notifiche di cui sopra a una miriade di soggetti (un brano può avere anche più editori musicali, che si spartiscono le quote di diritti) può essere lungo e tedioso. Tenere traccia dei pagamenti e pagare regolarmente gli aventi diritto, se fate più che un utilizzo occasionale, può essere un problema.

Ecco perché ci si affida ad intermediari, ad “agenzie” come Rightsflow; ed ecco spiegato perché Google ha pensato bene di comprarsi la baracca.