Il Peer to peer italiano trattiene il fiato, quello internazionale festeggia il Grey Tuesday



Cominciamo da casa nostra: in questi giorni impazza il dibattito riguardo al possibile intervento del Governo nei confronti dei sistemi peer-to-peer, rei di danneggiare non solo la musica ma anche e soprattutto il cinema.

Il tutto parte da una proposta legislativa che il Ministro Giuliano Urbani avrebbe dovuto presentare lo scorso 5 marzo, per integrare le norme sul diritto d’autore da un lato punendo severamente il traffico di Dvd abusivi e dall’altro bloccando i sistemi di filesharing in Internet, con ripercussioni sia per i provider che per gli utenti della Rete.

Urbani però ha incontrato difficoltà a proporre la legge ed ha rinunciato a presentarsi in Consiglio dei Ministri per la prevista data del 5. Il provvedimento resta così in sospeso, e il “pericolo” per gli utenti italiani di Kazaa & co. sembra per il momento rinviato.

Da registrare il fatto che da tempo in Usa ci siano proposte per l’introduzione di licenze obbligatorie che consentano da un lato di arginare il fenomeno dei download illegali e dall’altro di convincere i titolari di copyright a distribuire il materiale in canali digitali. E proprio di questi tempi Universal si prepara (dopo un esperimento abortito su eMusic qualche tempo fa) a distribuire gran parte dei propri cataloghi su una serie di siti e servizi on line.

In Italia si parla molto della tutela del copyright e delle misure repressive, ma finora questo aspetto del problema è stato poco trattato: se un brano musicale o un film non sono facilmente reperibili in canali legali, è davvero solo colpa di utenti, provider e network p2p se poi l’opera viene reperita in circolazione sui sistemi di condivisione?

Avevamo annunciato tempo fa il lancio di un sito di musica digitale da parte della Rai: Cd Rai è partito da qualche giorno e già presenta i brani del Festival di Sanremo 2004 oltre a numerosi altri sia in formato Wma che come suonerie. Al sito collaborano Made Entertainment e Buongiorno Vitaminic, che presumibilmente fornirà materiale dal proprio ampio catalogo.

Martedì 24 febbraio 2004 verrà ricordato come una data storica per la musica on line e per il mondo del campionamento: questo giorno da poco trascorso ha segnato infatti il Grey Tuesday, il “martedì grigio”, in cui una lunga serie di siti web ha aderito a una curiosa protesta online distribuendo un lavoro realizzato dal DJ Danger Mouse utilizzando campionamenti vocali tratti dal “Black Album” del rapper Jay-Z e frammenti di musica prelevati dal “White Album” dei Beatles.

Con il consueto spirito tipico dei migliori esponenti della “plunderphonia” o saccheggio sonoro che dir si voglia, Danger Mouse ha intitolato il proprio lavoro “Grey Album”, essendo il grigio l’unico logico risultato della mescolanza tra bianco e nero.
La pubblicazione, effettuata in poche copie in un supporto più promozionale che altro e a quanto pare già una rarità, a sua volta ampiamente piratata e rivenduta da personaggi con pochi scrupoli in luoghi come Ebay o Gemm, aveva destato le ire della Emi, major licenziataria della gran parte dei master dei Beatles.

Il lancio della campagna “Grey Tuesday” e l’adesione di moltissimi siti web all’operazione ha avuto da un lato il risultato di irritare ulteriormente la major, che ha cominciato ad inviare lettere di “cease and desist” agli aderenti, invitandoli ad astenersi dall’ulteriore distribuzione del lavoro “incriminato” in formato digitale.

Dall’altro, una sorta di plebiscito a favore di Danger Mouse: innanzitutto, il suo lavoro è stato ritenuto musicalmente geniale, recensito da riviste specializzate che ne hanno esaltato la freschezza e la fantasia; poi, il giorno “fatidico”, oltre un milione di download hanno segnato quantomeno il sostegno del popolo del web all’iniziativa di rendere disponibile le tracce, il tutto con la benedizione della Electronic Frontier Foundation che sulla vicenda ha pubblicato un comunicato sul proprio sito: innanzitutto la Eff individua almeno cinque titolari di diritti nel “Grey Album”; tra questi, solo la Emi (titolare dei master dei Beatles ma non delle edizioni musicali e quindi dei diritti sulle composizioni) si è fatta viva per tentare di bloccare il lavoro. Inoltre, il disco dei Beatles è anteriore al 1972, e prima di questa data mancava negli Stati Uniti una vera e propria tutela del copyright per i master discografici a livello federale, anche se esistono differenze a livello di leggi dei singoli stati.

Inoltre, mancando la tutela del copyright verrebbe a mancare anche la tutela del “fair use”, l’uso corretto, per gli utenti, che è contemplata nell’Articolo 107 del Copyright Act. Ma come la Eff ricorda, un tribunale statale sicuramente potrebbe avvalersi del principio generale di “fair use” e comunque a criteri di equità, e quindi ritenere non dannosa l’operazione Grey Tuesday per una serie di motivi; tra questi, sicuramente lo scopo non commerciale dell’iniziativa, il fatto che il “Grey Album” non sia una mera copia del “White Album” e quindi non ne danneggi le vendite, e – ovviamente – l’aspetto creativo del lavoro.

Downhill Battle, sito di “attivismo musicale” che ha sponsorizzato l’iniziativa riporta dati di BigChampagne, sorta di “auditel” del peer-to-peer: il 24 febbraio il disco di Danger Mouse era ricercato nei sistemi di filesharing tanto quanto il nome di Britney Spears o di altre popolari popstar.

Aggiungiamo anche che non solo nessuna delle altre possibili parti in causa abbia finora commentato negativamente la cosa, ma che anzi si registrano commenti positivi dalla Roc-A-Fella Records, l’etichetta di Jay-Z, che oltretutto aveva messo in circolazione le versioni “a cappella” dei brani contenuti nel “Black Album” proprio per incoraggiare questo tipo di manipolazioni. Questa pratica nel mondo dell’hip-hop è la norma da un ventennio a questa parte, e la riprova ne è il fatto che esistono diverse altre manipolazioni sotterranee del “Black Album”.

Tutta l’iniziativa può essere riassunta sia come un esempio di attivismo on line nei confronti dell’establishment discografico, ma anche e soprattutto come una critica alle attuali interpretazioni delle leggi sul copyright in merito di campionamento e in particolare alla mancanza di un sistema di licenze obbligatorie nel settore.

Si ringrazia Nicola D’Agostino per la collaborazione

Pubblicato su: http://mytech.it/web/2004/03/09/il-peer-to-peer-italiano-trattiene-il-fiatoquello-/