KKBox, il “freemium” musicale asiatico che guadagna



Non solo Spotify: in Asia c’è un servizio musicale molto simile che sta facendo il pieno di utenti (e di abbonati paganti); somiglianze & differenze con il “cugino” svedese

Spotify, Spotify, sempre lui. Se ne parla parecchio, ultimamente. Forse il mercato musicale si aspetta anche troppo, dal simpatico programmino/jukebox in streaming.

Eppure c’è un “cuginetto” molto simile e ancora poco noto che sta facendo man bassa sui mercati asiatici. Si chiama KKBox, ha sede a Taipei (Taiwan) ed è stato lanciato nel 2005 da Skysoft, il cui cofondatore e COO è Kwan-Chiun “Chris” Lin; quest’ultimo è laureato alla Stanford University ed è riuscito ad attirare in Skysoft investitori importanti come Adobe.

Il servizio musicale ha molte cose in comune con Spotify, ma anche alcune importanti differenze.

Innanzitutto anche KKBox parte da un discreto catalogo musicale delle major, ma a questo aggiunge un ricchissimo repertorio di musica cinese, principalmente da label indipendenti. Quindi, pur basandosi sullo streaming come Spotify, ed essendo aperto ad utilizzatori non paganti, la prima importante distinzione è nel repertorio.

La seconda è che il modello “Freemium” c’è, ma è limitato: in KKBox si ascoltano gratis solo frammenti di 30 secondi e in numero limitato ogni giorno. Questo penalizza un po’ gli utenti, ma porta due benefici al servizio: una maggior percentuale di conversione degli utenti free in paganti, e un risparmio notevole sulle royalty; già, perché sugli estratti fino a 30 secondi non si paga nulla. Spotify invece paga un tot per ogni ascolto, anche per i milioni di ascolti fatti da utenti che non hanno contribuito con un centesimo.

Un altro particolare in comune con l’omologo svedese è invece la presenza su PC ma anche in iPhone e Android. C’è poi una funzione interessante, inedita nel settore e molto gradita dal pubblico asiatico: ai brani sono associati i testi, visualizzati come in una sorta di karaoke.

Risultato? A Taiwan, paese tra i più colpiti dalla piaga della pirateria, nel 2009 KKBox vantava 4,5 milioni di utenti di cui 340.000 paganti.

Partito dal paese natale e già espansosi a Hong Kong, KKBox – che vanta anche oltre 21.000 fan su Facebook – cercherà nei prossimi mesi prima di consolidarsi in Asia (Singapore, Malaysia e Cina Popolare) e poi sbarcherà anche in Occidente: negli Stati Uniti, innanzitutto. Ma per le sue caratteristiche, se avrà la fortuna sperata, non avrà sovrapposizioni con Spotify o altri servizi similari: punterà anzi alla folta comunità di origine cinese in Nordamerica, andando a cercare i propri utenti in una nicchia ampia che finora non ha certo ricevuto particolari attenzioni dal mondo della musica online. Ricordiamo solo un occasionale ListenToChina.com dieci anni fa, sito Mp3 realizzato in USA ma con l’appoggio del governo cinese, ma ormai defunto da tempo.

Non aspettiamoci quindi KKBox in diretta concorrenza con Spotify, Lala o Last.fm; ma scommettiamo che – con una strategia così brillante – il servizio taiwanese riuscirà a ritagliarsi il suo posticino anche negli USA, nel prossimo futuro.

Pubblicato su Mytech