Peer-to-porn: il futuro oltre la musica



Dalle ceneri di Napster sorge un network di condivisione di file “per soli adulti”: ma quali sono gli utilizzi delle reti peer-to-peer alternativi allo scambio di file musicali? Ci sono attività decisamente più interessanti e rivoluzionarie rispetto alle foto porno

Napster salvato dall’impero del porno?

Da anni seguiamo con passione la telenovela legata a questo popolarissimo servizio on line: pochi giorni fa, dopo l’ultima batosta legale, Napster era dato per morto e all’improvviso su www.napster.com era comparsa la lapidaria dicitura Napster was here.
Il 12 settembre, incredibilmente, qualcuno ha presentato un’offerta alternativa a quella – ormai saltata – di Bertelsmann. L’offerta (che secondo alcune fonti avrebbe valore più che doppio rispetto alla cifra offerta da Bmg), non arriva da una major del disco: il miliardario offerente si chiama Private Media Group, ha sede a Barcellona ed è una major del porno.
La notizia è davvero sconvolgente: Napster già in passato è stato capace di “morti e resurrezioni” virtuali tanto rapide quanto clamorose, ma la prospettiva di ripartire non nell’industria discografica, bensì in una società che gestisce un vero e proprio impero per adulti (dalle riviste ai film, da Internet ai Dvd) sembra davvero surreale.
L’offerta consiste in realtà in uno scambio azionario: un milione di azioni Private in cambio di trademark e Url di Napster. Private (almeno dai comunicati diffusi finora) non sembra interessata ad acquisire la tecnologia e il software del sovrano decaduto del peer-to-peer. Ma perché questo interesse per un ex-sito musicale – pur importantissimo – da parte di un soggetto così diverso?
Secondo Charles Prast, Ceo di Private, i motivi sono molteplici. La percentuale dei contenuti per adulti all’interno dei sistemi peer-to-peer arriva almeno al 35 per cento. Molti di questi sono illegali dal punto di vista del copyright e inoltre sono aperti a chiunque (minori inclusi), senza alcun controllo: Private è quindi interessata alla possibilità di creare un ambiente riservato ai soli adulti e di garantire l’accesso a un’enorme libreria di file, senza il rischio di spam, truffe legate alle carte di credito e altri problemi del genere. L’azienda potrà inoltre presentarsi come una sorta di paladino dei minori perché intende “liberare” i comuni sistemi P2P dai contenuti per adulti. Tutto sotto l’egida di un marchio e di un indirizzo internet notissimo: quello di Napster.
Non è un caso: qualche tempo fa una campagna pubblicitaria ai limiti della legalità (sia perché effettuata per mezzo di mail non richieste, sia per l’utilizzo abusivo di trademark) presentava un determinato sito per adulti con lo slogan “The Napster of Porn”.
L’industria del porno, inoltre, è sempre stata all’avanguardia dal punto di vista tecnologico: molti sviluppi relativi alla sicurezza dei siti e alle transazioni on line sono dovuti anche ai forti investimenti degli operatori della “adult industry”, i quali, non solo non temono le nuove tecnologie (a differenza di soggetti quali i produttori discografici e cinematografici tradizionali), ma sono i primi a interessarsi al corretto funzionamento delle stesse.
Private – in un momento di crisi internazionale che in particolare coinvolge il settore tecnologico e new media – è quotata al Nasdaq e vede i propri profitti crescere, persino nell’era del “dopo-11 settembre 2001”.
Se l’offerta avrà successo, in Napster ci saranno anche contenuti indipendenti da Private (sempre rigorosamente per adulti) e disponibili gratuitamente. C’è però da aspettarsi la presenza di contenuti a pagamento e la sinergia con altre linee di prodotto (accesso gratuito a chi acquista videocassette e Dvd, per esempio).

…e gli altri?

La tecnologia peer-to-peer è sicuramente interessantissima e si presta a un gran numero di applicazioni, molte delle quali forse ancora da sfruttare appieno.
Si è già discusso di possibili integrazioni di calcolo distribuito e reti P2P: è il caso di Altnet, una tecnologia inclusa in KaZaA che inizialmente ha destato preoccupazione perché equiparata per certi versi a spyware e ad applicazioni “parassite” che usufruiscono delle risorse dei Pc all’insaputa dell’utente. Altnet potrebbe invece consentire la pubblicazione tramite KaZaA di contenuti legali, magari a pagamento: si sta infatti presentando ai “content provider” come un canale distributivo di file di ogni genere, con cui guadagnare magari più di quanto sarebbe possibile tramite canali “tradizionali” come gli abbonamenti.
Ci sono stati tentativi simili a quello progettato da Private: Yaga si era focalizzato sulla distribuzione di contenuti P2P tramite Web, consentendo tra l’altro l’inserimento di materiale per adulti (distribuibile sia gratuitamente che a pagamento). Questo materiale poteva essere catalogato come “adult” e reso invisibile ai normali utenti (ma era fin troppo facile disattivare questo filtro). Per ogni singolo file si potevano indicare le relative diciture di copyright e l’utente che rendeva disponibile il file era identificabile e si assumeva la responsabilità di eventuali violazioni della legge.
Meritano una menzione speciale poi quei servizi che intendono sfruttare il P2P per motivi “ideologici”, soprattutto come mezzo per esprimersi liberamente: tra questi si segnalano Freenet e Publius.
Se il primo si basa soprattutto sull’anonimato (e si potrebbe obiettare ai suoi creatori che è solo un canale per scambiare in forma anonima soprattutto materiale coperto da copyright), il secondo è invece un’iniziativa con scopi libertari. Anonimato e tecniche di crittografia, infatti, sono qui alla base di un sistema di comunicazione “Censorship Resistant”, per pubblicare e trasmettere materiali (soprattutto testuali) senza correre il rischio di incappare nelle maglie della censura. Il progetto, supportato dai laboratori di ricerca dell’At&t e dall’associazione Usenix, prende nome dallo pseudonimo collettivo degli autori dei “Federalist Papers”, che alla fine del 1700 incitarono gli americani alla ratifica della Costituzione.
Chissà che non si arrivi prima o poi a un peer-to-peer usato come servizio utile per la comunità e non solo come “area di scambio” per file più o meno legali.

Pubblicato su: http://mytech.it/web/2002/09/20/peer-to-porn-il-futuro-oltre-la-musica/