SIAE, licenza per dj: necessaria per legge, o inutile gabella?



A pochi mesi dall’entrata in vigore, un commento alla licenza sperimentale SIAE rivolta ai deejay.

Definito “storico” dall’avvocato Assumma, Presidente della SIAE, l’accordo del dicembre 2008 che ha dato vita alla licenza sperimentale” SIAE per dj, comincia a produrre i primi risultati. Per il numero uno della SIAE, siglare un protocollo del genere significava per la categoria vedere finalmente riconosciuta l’importanza della propria attività.

Ma è veramente così?

Dopo circa sei mesi dalla sua introduzione, a ben vedere questa “licenza sperimentale” sembra piuttosto un escamotage inventato dalla stessa SIAE per evitare a coloro che animano le serate delle fastidiose, se non peggio, “noie burocratiche”. E a velocizzare il lavoro delle autorità competenti (riducendo però il tutto al mero controllo di una certificazione). Il tutto – naturalmente – a pagamento.

Sì, perché come molti Tribunali hanno di recente riconosciuto, la masterizzazione dei brani musicali provenienti da supporti originali come da mp3 scaricati legalmente, su supporti di ogni tipo (dal cd-r a chiavi USB, fino ad hard-disk e schede SD) è perfettamente in regola con la legge. Ciò si desume da una serie di sentenze (a partire dal Tribunale di Milano del 1° ottobre 2002, fino a una sentenza del 2005). E allora? Quale lo scopo di questa licenza?

Allora succede che spesso – troppo spesso – i “controllori” della corretta applicazione del diritto d’autore (ispettori SIAE, Guardia di Finanza o chi per loro), durante la loro attività non vedendo il famoso “bollino” preferiscono “procedere in attesa di ulteriori accertamenti”, procurando in tal modo non pochi fastidi ed a volte bloccando le serate con immaginabili conseguenze sul piano lavorativo per i poveri malcapitati.

A tutto questo “soccorre” la SIAE, con una sorta di “certificato di legittimità” che è sufficiente esibire durante il controllo, per non avere noie.

Sembrerebbe una vera ancora di salvezza (per dj e controllori…) se non fosse che tutto questo ha un costo (variabile dai 200 ai 600 Euro annui; il costo minimo dà diritto all’utilizzo di 2.000 brani). Si lascia al lettore ogni ulteriore considerazione sul punto. Per completezza, resta solo da aggiungere che la licenza per sua esplicita affermazione non copre i “diritti connessi” (che potrebbero avere ben altre tariffe…). In altre parole, chi ha sottoscritto la licenza SIAE, non è affatto al riparo da ulteriori richieste da parte delle case discografiche e da enti che occupano di “collecting” come SCF. Ciò viene abbastanza chiaramente indicato in un punto del testo della licenza, ma forse sarebbe meglio che la SIAE stessa pubblicizzasse questo punto. O al limite, che si realizzasse un accordo tale da ricomprendere anche gli aventi diritto sui master discografici.

La procedura, poi, non è proprio del tutto agevole: occorre tra l’altro inserire i dati (titolo, autore, interprete e produttore discografico) di ogni singolo brano; se non altro tali dati si possono inserire online – il che è straordinario per un ente come la SIAE ancora molto appesantito dalla burocrazia.

Provocazione finale: perché scaricare tali costi sul dj e non sul locale dove lo stesso si esibisce – che già paga diritti SIAE e SCF per la pubblica esecuzione e potrebbe magari farsi carico di una piccola soprattassa per coprire il “diritto di registrazione” della “copia di lavoro” ? Dopotutto – per esempio – sono le emittenti radiofoniche a farsi carico di SIAE/SCF, diritto di copia incluso, e non certo coloro che “mettono i dischi” alla radio…

Se così non fosse, quello che accadrà è che un numero sempre più alto di dj accetteranno di pagare questa “gabella” per evitare fastidi, scaricandone però i relativi costi sul cachet da percepire per la serata. E quindi comunque sui locali…

(Articolo realizzato in collaborazione con l’Avv. Vincenzo De Sanctis)

Pubblicato su: http://mytech.it/digitale/2009/07/20/siae-licenza-dj-necessaria-legge-o-inutile-gabella/