Spotify, dalla Svezia non solo “pirati”



Musica gratis, legale e in quantità per un’iniziativa che potrebbe avere un buon successo: ma – ancora una volta – l’Italia può attendere…

La Svezia non è solo “terra di pirati”, come sembrerebbero dirci le vicende degli ultimi giorni (la condanna dei quattro amministratori di Pirate Bay e la presenza del “Partito dei Pirati”, che pare stia subendo un discreto impulso dalla suddetta vicenda giudiziaria); tra le tante iniziative “tecnologiche” perfettamente legali ce n’è una di cui si fa un gran parlare e che sembra destinata anzi a spodestare qualche sistema peer-to-peer dal cuore degli utenti dagli “appetiti” musicali più insaziabili.

Spotify nasce a Stoccolma – dove tuttora viene sviluppato – nel 2006 ma parte ufficialmente nell’autunno di due anni dopo, con uffici anche a Londra.

 Spotify

Spotify promette due tipi di servizio, entrambi basati sullo streaming, ma con possibilità di acquistare i brani da siti partner. Il primo è “free” e supportato da spot pubblicitari, come altri servizi esistenti o annunciati; il secondo è un “Premium” e prevede un pagamento mensile per accedere al vasto archivio senza spot. In realtà esiste anche una via di mezzo: il “daypass”, un pass giornaliero a pagamento per 24 ore di musica senza interruzioni pubblicitarie. Va subito detto che in Italia il servizio non è ancora attivo in versione free o daypass, mentre Svezia e Gran Bretagna sono stati ovviamente tra i primi paesi a disporre di entrambe le versioni del servizio, poi allargato in versione gratuita a Francia, Spagna, Norvegia e Finlandia; altri paesi europei – Italia inclusa – accedono al solo “Premium” a 9,99 Euro al mese.

Spotify - login

Una volta tanto comunque non siamo solo noi italiani a essere “tagliati fuori” anche se solo in parte: Spotify non è ancora presente in mercati importantissimi come Stati Uniti e Giappone. Aggirare il sistema? In teoria si potrebbe, con l’aiuto di un amico compiacente in uno dei paesi già attivi; ma durerebbe poco: il sistema è in grado di riconoscere il paese da cui ci si collega e lo confronta con quello da cui ci si è registrati. Se siete inglesi o svedesi in vacanza nessun problema, comunque: l’account funzionerà per 14 giorni all’estero proprio per non privarvi nella musica a cui avete normalmente diritto neppure fuori casa. Poi, occorrerà rientrare nel paese di origine e fare login da lì se si vuole continuare ad accedere…

Esplorando Spotify

Gli utenti sarebbero già un milione; i contenuti sono notevoli: c’è musica di major e indipendenti, tra i quali va segnalato il recente accordo con CD Baby che porterà da solo un paio di milioni di brani in dote. Vanno segnalate presenze di prestigio come il nuovo album dei Depeche Mode praticamente in contemporanea all’uscita fisica, ma nomi importanti che in certi siti brillano per assenza o sono presenti con un numero limitato di brani (è il caso di Moby nell’IMVU Music Store, ad esempio) sono qui presenti con discografie complete o quasi. Ci si può trovare di tutto e in tutti i generi: da Madonna ai Megadeth, da Arturo Toscanini a Chick Corea fino alla reginetta del pop taiwanese Elva Hsiao.

Il software – udite udite – gira non solo su Windows XP ma anche su Mac OS X 10.4, Linux e FreeBSD. E’ in via di sviluppo una versione per iPhone e si vocifera di adattamenti per altre piattaforme “mobili” come Android. Interessante la possibilità di salvare playlist e di condividerle: insomma, potrebbe non esserci più bisogno di ricorrere al filesharing illegale, se, ad esempio, potete distribuire legalmente ai vostri amici una playlist dei vostri brani preferiti, semplicemente inviando un link. E soprattutto, attivando la funzione “playlist collaborativa” si potrà consentire agli altri di editare la playlist magari aggiungendo altri brani.

Una pecca & diversi pregi

L’unica pecca? Forse le ricerche, i cui risultati sono mostrati in maniera disordinata e un po’ macchinosa e quindi renderanno complicato districarsi nelle discografie di quei personaggi – per esempio molti jazzisti – che hanno avuto tante pubblicazioni con diverse formazioni e collaboratori. Per intenderci: cercando Count Basie o Glenn Miller verranno fuori diverse orchestre, combinazioni e grafie diverse, visualizzate in maniera un po’ troppo sintetica e pasticciata: il rischio di non trovare esattamente quello che stavamo cercando diventa concreto.

 Spotify - search results / ricerche

Il business model non è innovativo? Certo, ma a differenza di operazioni dubbie come Qtrax o fallimentari come Spiralfrog, Spotify sembra avere qualche freccia in più al proprio arco: ricchezza dei contenuti, legalità, ottima qualità audio (il codec usato è Ogg Vorbis q5 a circa 160kbps), discreta facilità d’uso e soprattutto nessun lancio “strombazzato” prima ancora di aver realmente messo su l’attività.

Di iniziative partite così bene nel mondo della musica online ne ricordiamo davvero poche. Ce ne fu un’altra nel 2004, anch’essa inizialmente limitata a un solo territorio e poi espansa nel resto del mondo. In un panorama di disorganizzazione e improvvisazione non ci mise molto ad imporsi; si chiamava – e si chiama tuttora – Apple iTunes.

(Si ringrazia Miranda Maria St.John-Marquez per la collaborazione)

Pubblicato su: http://mytech.it/life/2009/04/20/spotify-dalla-svezia-non-solo-pirati/