La Riaa ti denuncia? Let the music play…



Negli Stati Uniti ultimamente si è cercato di imporre un principio secondo il quale il singolo utente di un sistema P2P è perseguibile: questi i termini della pesante battaglia legale tra Riaa e il provider Verizon.

Secondo Riaa, in base al famigerato Digital Millennium Copyright Act (Dmca) del 1998, Verizon avrebbe dovuto identificare un proprio utente reo di aver scambiato copie di circa 600 brani musicali e rivelarne i dati personali per consentire azioni legali ai detentori di copyright. Riaa ha ottenuto un primo punto a proprio favore il 21 gennaio 2003 e dopo una serie di ricorsi lo scorso 4 giugno una Corte d’Appello Federale ha dato torto a Verizon; la battaglia non si è ancora conclusa (è ancora possibile un ribaltamento della sentenza) ma nel frattempo il provider ha dovuto cedere.
Questo precedente ha innescato una catena di citazioni contro provider: il 31 luglio Pacific Bell – con la benedizione della Electronic Frontiers Foundation – ha reagito citando in giudizio la Riaa e due società – MediaForce e Titan Media – che negli ultimi tempi hanno fatto largo uso di questo tipo di azioni legali.

Allo stesso tempo si è inasprita la lotta verso le società ree di aver programmato e diffuso sistemi P2P di vario tipo: nel 2003 la prima a cadere è stata Japan Mmo Ltd. con il suo “File Rogue”, battuta in giudizio il 29 gennaio dall’equivalente giapponese della Riaa, la Riaj, e quindi dai discografici locali. Nei mesi successivi, con minor successo sono andati avanti anche attacchi contro i vari Kazaa, Morpheus, Aimster/Madster e simili; nel delirio generale, diversi soggetti – editori musicali ma anche major come Emi e Universal – si sono uniti in una controversia contro Bertelsmann, rea di avere a suo tempo finanziato il vecchio Napster.

Ma il top si è avuto ai primi di aprile, con le azioni contro alcuni studenti universitari che gestivano server dedicati al filesharing, e a fine giugno, con il clamoroso annuncio da parte di Riaa: ci si prepara a raccogliere prove per la citazione in giudizio di tutti i singoli utenti di sistemi di file-sharing.

La pacifica reazione della Eff a questa folle proposta è la campagna denominata Let the Music Play; obiettivo: legalizzare il peer-to-peer e allo stesso tempo trovare un modo di compensare gli aventi diritto; inoltre sempre sul sito Eff si può trovare un curioso vademecum dal titolo “Come non farsi citare in giudizio dalla Riaa per file-sharing (e altri suggerimenti per evitare di essere trattato come un criminale)”.

Qualcuno si è nel frattempo divertito a calcolare che per perseguire tutti gli studenti rei di una simile condotta alla Riaa occorrerebbero alcune migliaia di anni e ancora Eff stima in 60 milioni i soli utenti americani di sistemi P2P.
Nel frattempo, lo scorso 8 agosto, Riaa ha avuto una piccola battuta d’arresto grazie a un giudice distrettuale del Massachusetts: per il momento, Mit e Boston College non saranno tenuti a rivelare l’identità di alcuni studenti accusati di aver gestito i server P2P.

Secondo alcuni, Riaa sarebbe a sua volta colpevole di aver violato la licenza d’uso di Kazaa: per provare che qualcuno ha effettivamente messo a disposizione un certo file bisogna scaricare il file stesso. La licenza del software in questione proibisce di “monitorare il traffico” del sistema o di fare ricerche “in modo tale da accumulare informazioni su singoli utenti” e vieta altresì di “perseguitare o molestare altri utenti” e di “raccogliere o immagazzinare dati personali relativi ad altri utenti”. L’unico altro modo possibile per controllare il sistema senza usare il client Kazaa richiederebbe l’impiego di tecniche di reverse engineering e quindi ulteriori violazioni della licenza.

Pubblicato su: http://mytech.it/unmapped/2003/09/17/la-riaa-ti-denuncia-let-the-music-play/